Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/336

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libro undecimo 321

Ma dove l’armi si prendean, confuso
Già non restava in fra la turba, e ignoto.645
Precorrea tutti, e di gran lunga, e intere
Le falangi struggea. Quant’ei mandasse,
Propugnacol de’ Greci, anime all’Orco,
Da me non t’aspettare. Abbiti solo,
Che il Telefíde Euripilo trafisse650
Fra i suoi Cetéi, che gli moriano intorno;
Euripilo di Troja ai sacri muri
Per la impromessa man d’una del Rege
Figlia venuto, ed in quell’oste intera,
Dopo il deiforme Mennone, il più bello.655
Che del giorno dirò, che il fior de’ Greci
Nel costrutto da Epéo cavallo salse,
Che in cura ebb’io, poichè a mia voglia solo
Apriasi, o rinchiudeasi, il cavo agguato?
Tergeansi Capi, e Condottier con mano660
Le umide ciglia, e le ginocchia sotto
Tremavano a ciascun; nè bagnare una
Lagrima a lui, nè di pallore un’ombra
Tingere io vidi la leggiadra guancia.
Bensì prieghi porgeami, onde calarsi665
Giù del cavallo, e della lunga spada
Palpeggiava il grand’else, e l’asta grave
Crollava, mali divisando a Troja.