Così m’arrise, che tra ciò, che in sorte
Toccommi della preda, e quel, ch’io stesso270
A mio senno eleggea, rapidamente
Crebbe il mio stato, e non passò gran tempo,
Che in sommo pregio tra i Cretesi io salsi.
Ma quando Giove quel fatal viaggio
Prescrisse, che mandò tante alme a Pluto,275
A me de’ legni ondivaghi, ed al noto
Per fama Idomenéo, diero il governo,
Nè modo v’ebbe a ricusar: sì grave
Il popolo, e sì ardita, ergea la voce.
Colà nove anni pugnavam noi Greci,280
E nel decimo al fin, Troja combusta,
Ritornavamo; e ci disperse un Nume.
Se non che Giove una più ria ventura
Contra me disegnò. Passato un mese
Tra i figli cari appena, e la diletta285
Sposa, che vergin s’era a me congiunta,
Novella brama dell’Egitto ai lidi
Con egregi compagni, e su navigli
Ben corredati a navigar m’indusse.
Nove legni adornai; nè a riunirsi290
Tardò l’amica gente, a cui non poche
Pe’ sagrifizj loro, e pe’ conviti,
Che duraro sei dì, vittime io dava.