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152 odissea

Già venne il figlio nell’età fiorita,
In cui vederlo con l’onor del mento220
Sì ardentemente supplicavi ai Numi.
     Per zelo, che di me l’alma ti scaldi,
Replicava Penelope, di bagni,
Eurinome, o di liscj, or non parlarmi.
Il dì, che Ulisse, s’imbarcò per Troja,225
Tolsermi ogni beltà dal volto i Numi.
Bensì Autonoe mi chiama, e Ippodamía,
Che da lato mi stieno. Ai Proci sola
Non offrirommi: chè pudor mel vieta.
Tacque; e la vecchia Eurinome le donne230
A chiamar tosto, e ad affrettarle, uscío.
     Ma l’occhiazzurra Dea, nuovo pensiero
Formando nella mente, alla pudica
Figlia d’Icario un molle sonno infuse.
Mentre giacea sovra il suo seggio, e tutte235
Il molle sonno le sciogliea le membra,
Palla Minerva di celesti doni
La rifornia, perchè di lei più sempre
Invaghisser gli Achei. Pria su le guance
Quella, che tien dalla bellezza il nome,240
Sparse divina essenza, onde si lustra
La inghirlandata d’òr Vener, se mai
Va delle Grazie al dilettoso ballo: