Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/534

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libro decimottavo 153

Poi di corpo la crebbe, e ricolmolla
Nel volto, e tal su lei candor distese,245
Che l’avorio tagliato allora allora
Ceder dovesse al paragon. La Diva
Risalì dell’Olimpo in su le cime.
     Venner le ancelle strepitando, e ratto
Si riscosse Penelope dal sonno,250
E con man gli occhi stropicciossi, e disse:
Qual dolce sonno della sua fosc’ombra
Me infelice coprì! Deh così dolce
Morte subitamente in me la casta
Artemide scoccasse; ed io l’etade255
Più non avessi a consumar nel pianto,
Sospirando il valor sommo, infinito,
D’un eroe, cui non sorse in Grecia il pari.
     Così detto, scendea dalle superne
Lucide stanze al basso, e non già sola,260
Ma con Autonoe, e Ippodamía da tergo.
Sul limitar della Dedalea sala,
Ove i Proci sedean, trovasi appena,
Che arresta il piè tra l’una e l’altra ancella
L’ottima delle donne, e co’ sottili265
Veli del crine ambo le guance adombra.
Senza forza restaro, e senza moto:
L’alma più inteneria, si raddoppiava