Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/648

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libro vigesimosecondo 267

Bensì alle donne, il cui peccar t’è noto,
Che a me si rappresentino, dirai.545
     La balia senza indugio a invitar mosse
Le peccatrici, e ad esortarle tutte,
Che si rappresentassero all’eroe.
E intanto egli, Telemaco a sè avuto,
E il custode de’ verri, e quel de’ tori,550
Tai parole lor feo: Le morte salme
Più non si tardi a trasportare altrove,
E dell’infide ancelle opra sia questa.
Poi con l’acqua, e le spugne a molte bocche,
I bei sedili tergeransi, e i deschi.555
Tutta rimessa la magione in punto,
Le ancelle ne trarrete, e poste in mezzo
Tra la picciola torre, ed il superbo
Recinto del cortil, tanto co’ lunghi
Le cercherete feritori bandi,560
Che si disciolga dai lor corpi l’alma,
E dalle menti lor fugga l’immonda
Venere, onde s’unian di furto ai Proci.
     Ciò detto appena, ecco venire a un corpo
Le grame, sollevando alti lamenti,565
E una pioggia di lagrime versando.
Pria trasportâr gl’inanimati corpi,
Che del cortile, aitandosi a vicenda,