Pagina:Ojetti - I Monumenti Italiani e la Guerra.djvu/25

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Infatti il 12 febbraio 1916 in un’incursione sulla città aperta di Ravenna una bomba fu gittata proprio sulla chiesa di Sant’Apollinare nuovo, la chiesa palatina di Teodorico, eretta nel primo quarto del sesto secolo e dall’arcivescovo Agnello nel 560, quando passò al rito cattolico, ornata dei celebri mosaici con la processione delle Vergini e dei Martiri bianchi. Questa processione sul cielo d’oro è così pura e divina nella sua simmetria e nella sua monotonia che un lento ritmo di musica liturgica pare accompagni le Vergini sui gigli e le rose verso Gesù bambino e, di contro, i Martiri verso Gesù Redentore, dietro la porpora sanguigna di San Martino che li conduce.

Un miracolo salvò questa bellezza d’una gloria e d’uno splendore senza pari, rispettata e adorata da tutti i secoli, dagli Esarchi bisantini e dai Longobardi, dai tumulti dei guelfi e dei ghibellini, dal nefando saccheggio del 1512 e dagli stolti restauri settecenteschi e ottocenteschi. La bomba, invece che nel mezzo della navata centrale, cadde per fortuna verso la facciata, scoppiando, dopo l’urto sul tetto, nell’interno; abbattè l’angolo superiore sinistro della fronte e tre campate del portico; sfasciò l’organo e trentaquattro cassettoni del ricco soffitto secentesco sconnettendo gli altri, frantumando le vetrate, distaccando un gran lembo dei mosaici verso l’ingresso così che poche ore dopo precipitavano.

Ancóra una sosta di quattro mesi. Sembra quasi che, compiuto un misfatto tanto vile e, per la guerra, tanto inutile, i nemici vogliano sempre aspettare che, fra tante vicende dell’immane tragedia, esso venga dimenticato e gl’ingenui, che sono tanti, riprendano fiducia e speranza. Il 23 giugno, alle due e trenta del mattino, un idrovolante austriaco lanciava a Venezia sulla chiesa di San Francesco della Vigna due bombe potentissime.

San Francesco della Vigna, dei Minori Osservanti, trae il suo nome dalle vigne che circondavano l’antica e più modesta chiesa prima che Jacopo Sansovino nel 1534 ne ampliasse con bel fasto l’interno e che Andrea Palladio nel 1568 ne cominciasse la facciata di pietra. Quelle vigne furono nel duecento donate dal doge Marco Ziani al convento di Santa Maria dei Frari. Si narrava che in quel luogo romito fosse sbarcato in una notte burrascosa San Marco partitosi da Aquileia e vi avesse udito la voce dell’angelo che lo confortava a sostare su quella terra benedetta: Pax tibi, Marce, Evangelista meus. Le parole fatidiche che, nel libro protetto dal Leone, sono incise sulle mura e sulle colonne di tutti i do-


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