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sangue al nostro languido sangue ma, sempre la Dio mercè, dirigendoci cioè governandoci cioè conquistandoci. Al Gobineau credette lì per lì qualche artista. Gli credette anche Wagner, s’intende.
Poi al soccorso di quelle fantasie cominciò ad accorrere la scienza tedesca, prima l’antropologia col Woltmann il quale stabilì una corrispondenza, diceva, precisa e infallibile tra i caratteri del corpo e quelli dell’anima. Il linguaggio si fece solenne e dottorale. Gli uomini più alti col più grande cranio, con la dolicocefalia frontale e il colorito chiaro e i capelli biondi, i popoli cioè germanici, diventarono i più perfetti rappresentanti del genere umano, della sua estrema evoluzione. Gli uomini di genio e i dominatori secondo l’intrepido Woltmann, erano tutti alti biondi dolicocefali, compreso Gesù Cristo. Se Napoleone, Voltaire, Kant erano bassi ed erano bruni, ci si salvava col colore degli occhi e con l’indice cefalico. Tutti i busti dei Cesari in Campidoglio mostravano il tipo germanico nel cranio e nella faccia. Non vi dico dove arrivassero il Woltmann e poi il Chamberlain, inglese intedeschito, e poi gli altri loro infiniti seguaci che in questi giorni di febbre lanciano sul mondo da Berlino o da Lipsia, da Norimberga o da Francoforte, i loro messaggi messianici destinati a salvare il mondo conquistandolo tutto, civilizzandolo tutto come hanno già fatto in pochi giorni col Belgio. Da Socrate a Richelieu, da Shakespeare a Cervantes, da Giulio Cesare a Napoleone, da Milton a Voltaire, tutti germanici pel bene dell’umanità. Fra gl’italiani poi fecero strage: Dante, Leonardo, Galileo, Michelangelo, tutti puri tedeschi nati per caso in questa misera Italia.
La vittoria del 1870 fu una prova, per loro, della loro meravigliosa teoria. I vecchi maestri della antica e libera e pura Università tedesca protestavano, primo il Mommse avvertendo senza ambagi «che anche noi tedeschi abbiamo i nostri pazzi nazionali e si chiamano pangermanisti i quali sostituiscono all’Adamo comune un loro