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mie, ancóra, ancóra; sento le mani tue nei capelli; nell’orecchie i tuoi baci. Paolo, Paolo mio! La mano mi si illanguidisce così che non so più stringere la penna, lo vedi.

Perchè t’amo tanto? Si sa mai perchè si ama? E lo posso sapere io che non ho amato mai?

Ho un anno più di te. Paolo! Quest’è il mio terrore.

Dammi un bacio. No, due! No, cento! Io t’adoro. Sono certa che stasera mi scriverai anche tu. A domani, alle tre. Pensa alle forcelle piccole e alla Poudre d’Houbigant.

Lora tua, tutta tua.

7 aprile 19... ore 7,30 di sera.

II.

Al conte Anselmo Ricci,

Arezzo per Larisana.

Caro Anselmo, dovrai restar molto ancóra? Lo vorrei sapere perchè il tappezziere, ancóra non ha finito di mutare i parati alla tua camera da letto, e a mettergli troppa fretta addosso temo che lavori male. Mi promette di finire tutto fra sei giorni, cioè per mercoledì.