Pagina:Ojetti - Le vie del peccato.djvu/266

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Bindo non era un’aquila, ma nemmeno un’oca, e forte e ricco e solo, aveva resistito a dieci anni di vita mondana, di notti insonni, di luce elettrica, di balli di beneficenza, di complimenti alle vecchie e di baci alle giovani, senza perdere la testa o i capelli o il patrimonio. A Roma lo vedevo spesso da una signora bella che si atteggiava a letterata con la stessa compiacenza con cui le altre signore si atteggiano a cocottes e che con molta perspicacia aveva scelto a suo amante fra tutti i suoi amici, scrittori, oratori, professori, pittori, musicisti, proprio lui che non era nulla di tutto ciò, ma era bello e forte e ricco e libero... Lo vedevo spesso lì, e spesso d’accordo ridevamo sulla resistenza allo sbadiglio mostrata dalla giovane signora quando un esploratore svedese, un critico francese, un politicante spagnuolo, uno storico tedesco passavano tra gl’inchini e il silenzio ammirativo nel bel salotto di lei e le parlavano di tutto fuorchè della bellezza, dell’amore e del sole.

Qualche volta egli aveva anche fatto atto di dispotismo; e dopo avermi detto un risoluto: «Adesso, basta!», era andato a sussurrare, con un bel sorriso sulle labbra, qualche motto reciso alle orecchie della contessa, e costei dopo pochi minuti si era alzata obbedendogli e mormorando allo straniero: