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iniquo paragone fino alle minuzie, fino alla frenesia per l’automobile e al disdegno per ogni altro più economico mezzo di trasporto anche per andare da qui a lì: per l’automobile, s’intende, altrui o pagato dagli altri. Ma, poichè voleva mostrarsi equanime, aggiungeva che c’è, sì, una differenza, in questo: che dopo una battaglia i capi militari tendevano a diminuire il numero dei loro morti, i capi socialisti invece tendono ad aumentarlo. Ma era una differenza formale e passeggera che sarebbe scomparsa insieme al regime borghese. Che questo sottoprefetto, spaventato anche dalla propria ombra, tutto inchini e sorrisi, la destra sempre tesa a cercare una stretta di mano e un appoggio, nella spasimante attesa d’essere scaraventato con un telegramma “decifri da sè” in Sicilia o in Sardegna, si fosse lasciato andare a far la corte proprio alla moglie del sindaco, e proprio nell’imminenza delle elezioni che forse non avrebbero ricondotto il commendator Pópoli al potere, mi sembrò improbabile. Piuttosto Cencina, dopo qualche complimento ripetutole per dovere di carica dal cavalier Pasquarella il quale arrivando era certo stato avvertito del tradizionale ossequio di tutte le autorità civili e militari a quella bellezza municipale, doveva essersi divertita a stuzzicare la gelosia di Nestore. Proprio il sottoprefetto contro il ferroviere organizzato: come a dire il Ministero dell’Interno, carabinieri e guardie regie, contro la Confederazione del Lavoro. Meglio non poteva scegliere. Aveva ormai, l’ho detto, trentacinque