Pagina:Ojetti - Mio figlio ferroviere.djvu/175

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dormire, e m’è venuto da piangere lì per terra, e sa che ho fatto per consolarmi? Mi sono messo a baciar la pietra su cui avevo poggiata la testa. E bacia e bacia, mi sono sentito meno solo. Eravamo tutti un po’ matti, certi giorni. La verità si è, lettore, che il dolore fa buoni i giovani e cattivi i vecchi. I più cattivi oggi sono quelli che non hanno sofferto: che avevano l’anima vecchia. Giungeva in quel punto la madre di lui e gli portava in una salvietta la scodella della colazione: patate in umido, una fetta di bollito, un quarto di pagnotta, una mela: tutto tagliato a tocchi e spicchi perchè egli aveva una mano sola libera e con la sinistra poteva solo tenere fermo il piatto. Mi spiegò che guadagnava anche lei una dozzina di lire al giorno lavorando in una fabbrica di scatole di cartone, ed era contenta perchè molto lavoro glielo lasciavano fare a casa. Ma contro i compagni che perseguitavano suo figlio, era furente: — Gliela rifanno loro la mano che ha perduta? Gliela levano loro la medaglia che s’è guadagnata? No. E allora lo rispettino. La guerra, la guerra. Hanno paura che torni la guerra. Ma nemmeno Cadorna la rivorrebbe una guerra adesso. E allora sono tutte chiacchiere da osteria. La guerra è finita: pace all’anima sua. Pensino a lavorare. Io l’ho detto anche al suo figliolo, dottore mio; e gli ho detto anche che un giorno o l’altro anche lui li pianterà tutti i suoi cari compagni e se ne andrà al suo casale di Poreta a lavarsi le mani e a fare il signore, chè, magari