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È anzi molto più facile che mendicare adesso la benevolenza d’un editore. Mi basta lasciare per testamento il mio manoscritto solennemente suggellato alla biblioteca civica di questa città con l’obbligo o meglio col permesso (agli uomini sono più care le licenze che gli obblighi) di romperne i solenni sigilli mezzo secolo dopo la mia morte.

Conosco la detta biblioteca, la sua polvere e il suo bibliotecario, monsignor Manassei; e m’immagino senza fatica chi potrà succedergli anche tra mezzo secolo. Potrà magari essere una bibliotecaria, data l’invasione delle donne che è, dicono, appena agl’inizii. Ma è certo che bella non sarà, fra tanta polvere e solitudine; e intelligente non sarà, non essendosi mai trovato, almeno in provincia, un bibliotecario intelligente perchè, dall’abitudine di guardare i libri solo da fuori, tutti i bibliotecarii prendono l’abitudine di guardare gli uomini dai loro titoli e le donne dai loro padri, mariti e magari diplomi: l’abitudine cioè di capirne niente. Ma certo, se donna sarà, sarà più curiosa d’un uomo. E questo, per me che ormai cerco chi mi legga fino in fondo, sarà un vantaggio notevole.

Ora, ecco l’avvenimento straordinario che m’ha suggerito l’idea d’affidare questo manoscritto e questa speranza proprio alla nostra biblioteca comunale. Vi avverto súbito che quello che sto per narrare, non ha niente da vedere con quello che verrà dopo. Ma bisogna perdonarmi una volta per sempre anche le mie di-