Pagina:Ojetti - Mio figlio ferroviere.djvu/19

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Al mio unico lettore che ancòra ha da nascere 7


a doppia mandata, mi sono sentito libero e quasi felice. Diciamo la parola giusta: mi sono sentito sincero. Un momento, però, chè non mi piacciono gli equivoci. Ho detto ritrovare me stesso. Non è questo di me stesso un gran ritrovamento, lo so; e la frase ha un che d’albagia filosofica poco adatta a me e al mio povero stato. Volevo dire che solo chiuso qui dentro, in questa stanza dove tutto, dal soffitto di larice dipinto a noce fino a questa scrivania di gattice dipinto ad ebano, avrebbe come me bisogno di molti restauri e dove tutto perciò m’è molto fraterno, e solo davanti a questa carta bianca, io m’illudo di riuscire a temperare le mie pene coi miei entusiasmi, la mia ingenuità con la mia diffidenza, i miei guaj coi miei comodi, così da restare in equilibrio su questo instabilissimo piolo che si chiama vita, conficcato nella mota tra i due abissi che voi sapete. Ritrovare questo equilibrio è quel che io, esagerando, chiamo ritrovare me stesso.

Ho scritto “voi sapete„, e basta per capire che io, dopo aver cominciato a scrivere pel suddetto gusto di ritrovarmi, di quando in quando, in bilico ed in pace tra il tanto frastuono e la tanta agitazione di questi mesi ed anni, ho finito, com’era prevedibile, per cadere nell’orgoglioso desiderio di trovare altri lettori all’infuori del consueto me stesso.

Quali? Quando? Perchè? Quali non lo so di preciso; ma per le ragioni che dirò fra breve, il mio desiderio sarebbe di averne pochi, magari uno solo, fra cinquant’anni. Non è difficile.