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che voi non avete mai provato a non fare niente. Se vi diverte, continuate”. E se ne andò: non credeva più all’arte di guarire. Per dirla ancóra col latino delle vecchie scuole, non aveva più fede che nella natura naturans a beneficio della natura naturata. Così il nostro Governo. Potrebbe proprio un medico dirne male?

Il mio amico m’ascoltò attentamente e, poichè conosceva le mie vicende familiari, mi disse affettuosamente mettendomi una mano sul ginocchio e guardandomi in faccia:

— Dottore, scriva le sue memorie.

— Troppo tardi. M’occorrerebbe un’altra vita, – risposi.

— Almeno le sue memorie di questi anni. Tanti hanno scritto i loro ricordi di guerra. Ella scriva quelli di pace: la pace in provincia. – E m’aggiunse sottovoce: – I ricordi di suo figlio ferroviere.

Quella sera, solo nella mia stanza da pranzo, acceso il sigaro, guardando re Vittorio e cercando un’occupazione nuova per la mia nuova ed accettissima solitudine, ripensai all’invito del mio amico. Uscii, per igiene, a fare due passi, e poi venni a chiudermi in questo mio studiolo dove di giorno ricevo i clienti e dove, in mancanza spesso dei clienti, ho da tant’anni l’abitudine di ritrovare me stesso. E cominciai. E mi sentii súbito felice. Da allora molte cose sono mutate: fra le altre mia moglie è tornata ed è tornato anche mio figlio. Ma io ho continuato a scrivere le mie sconnesse memorie, e solo scrivendole dietro l’uscio chiuso