Pagina:Ojetti - Mio figlio ferroviere.djvu/250

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E tutti già alzavano gli occhi al balcone del Palazzo comunale quando invece del sindaco vi apparve il tricolore nelle mani di Tocci. Agli applausi allora, dal gruppo degli operai, risposero fischi. – Ma Nestore dov’è? – mi chiese uno di loro mentre io tagliavo la calca per continuare il mio giro. Non lo sapevo. Quello concluse, truce: – Anche lui è scomparso, come il sindaco –, e ricominciò a fischiare, così che non sapevo più se fischiasse il tricolore, la lapide o la scomparsa dei suoi capi. Non doveva saperlo bene nemmeno lui. Tutta la città non sapeva bene quel che avveniva e contro chi doveva, o meglio contro chi poteva ribellarsi. Gli uni avevano smurata la lapide, gli altri la avevano rimurata: partita pari. Ma fra un giorno o fra un minuto chi avrebbe ripreso il sopravvento? Anche in politica i più fanno solo quello che si può fare senza rischio. Si può saccheggiare? E saccheggiamo. Si può fischiare la truppa? E fischiamola. Ci si può ribellare ai saccheggi? E ribelliamoci. Si può fischiare il sindaco? E fischiamolo. Acqua che si precipita dove non trova ostacolo. L’arte di governare è difficile appunto perchè si tratta d’incanalare quest’acqua, e farne una corrente per poi galleggiarci su docilmente, facendo credere, con aria autorevole ed indifferente, che la si dirige. Lo dico con cognizione di causa perchè mi sento acqua anche io. Nè per governo intendo proprio quello del Re e quello di Roma: basta quello di Nestore o di Tocci. Nè contano, le convinzioni politiche, quando non t’è lecito