Pagina:Ojetti - Mio figlio ferroviere.djvu/252

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là, per la decenza degli occhi. Poichè tutta la calca era giù sotto il Comune e lungo il cordone dei bersaglieri e intorno alla fontana, e tutti guardavano la lapide e il balcone con la bandiera, la parte più alta della piazza restava deserta e dimenticata. All’improvviso qualcuno da giù disse: – Il sindaco, il sindaco. – Un altro lo ripetè ad alta voce, la mano tesa verso l’alto della piazza: – Il sindaco, il sindaco, lassù! E tutti si voltarono verso la casa, verso la pudica lastra di marmo incastrata ai suoi piedi. Centinaja d’occhi si fissarono verso quel punto, da cui per decenza tutti i passanti solevano nella vita ordinaria distogliere lo sguardo. Appoggiato ad una delle ali di bandone, le spalle alla piazza e alla folla, l’avvocato Pascone era lassù a testa bassa, indifferente. Aveva la sua pelliccia, la sua famosa borghese pelliccia di castorino che gli aveva procacciato tanta stima tra i suoi compagni ed elettori proletarii, la pelliccia in cui egli parlando all’aperto si paludava come in una toga, la pelliccia il cui bavero egli soleva lasciare alzato sulla nuca a far da sfondo al suo faccione congestionato. Portava il suo cappello nero a larghe tese, un po’ piegato sull’orecchia sinistra. – Il sindaco, il sindaco! – Ma la folla ha pudore. Quel sindaco che le riappariva, in un momento politico di tanta gravità, indifferentemente occupato in un’azione tanto intima e personale, sulle prime le ripugnò. Solo i socialcomunisti che gli erano più vicini perchè, come ho detto, stavano raccolti a metà della piazza intorno alla fontana, intuirono in