Pagina:Ojetti - Mio figlio ferroviere.djvu/297

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operazione quando il malato è stato lavato, disteso, addormentato e il catino cogl’istrumenti è lì, a portata di mano? Sia pure soltanto per vedere, si taglia. Tagliammo. Ma quello che non m’aspettavo, era lo stupore, anzi l’ammirazione di Pópoli davanti alla mia incrollabile fermezza. Prima la esalò in esclamazioni: – Ah questo dottore.... Chi l’avrebbe mai creduto un uomo d’affari tanto ostinato? Con la sua aria di filosofo, con la sua rassegnazione ai capricci del destino.... Furbo il nostro dottore.... – Poi se la prese francamente con sè stesso, e fu quello che più mi commosse: aveva avuto paura, aveva creduto alla fine del mondo, e riceveva quel che si meritava. Un oliveto che valeva settanta, ottanta, novanta mila lire, venduto per trenta! Ma la paura no, non l’aveva avuta lui: gliel’avevano messa addosso, il fratello, la moglie, i parenti. E vedendo che il notajo sorrideva amabilmente, quasi a dirgli che esagerava a mortificarsi così, finì a confessare, con la franchezza che dà solo l’ira: — Avrei voluto vederla lei con tutti i vetri di casa rotti dalle sassate.... Firmò, firmai, riscosse. Firmò anche Matteo, chiamato lì a dichiarare che ero io “la persona da nominare” cui s’accennava nel compromesso. Matteo era rimasto sempre silenzioso, in fondo allo studio, accanto ai testimonii, più piccino ed invisibile che poteva. Quando dovette avanzarsi a firmare, i nervi di Pópoli scaricarono su lui la loro elettricità. Matteo, davanti al fu sindaco,