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442 FRISIA.

pinti, e tirate da robusti cavalli neri, su ciascuna delle quali stava seduto un contadino vestito in gala, e una donnina rosea col casco d’oro e il velo bianco. I cavalli andavano di gran trotto, le donne, strette al braccio dei loro compagni, gettavano confetti ai ragazzi della via, le trine sventolavano, i caschi mandavan lampi. Il corteo s’allontanò e disparve come una cavalcata fantastica in mezzo a un frastuono di risa, di schiocchi e di voci festose.


La sera, a Leuwarde, mi divertii a veder passare dinanzi alla porta dell’albergo le donne e le ragazze dalla testa luccicante, come un generale ispettore alla così detta rassegna annuale, quando i soldati sfilano uno per uno con armi e bagaglio. A un certo punto però, osservando che andavan tutte dalla stessa parte, seguii la corrente e riuscii in una vasta piazza, dove suonava una banda musicale, in mezzo a una gran folla, davanti a un edilizio con tutte le finestre illuminate, alle quali s’affacciavano di tratto in tratto dei signori in cravatta bianca, che dovevano essere là per un pranzo ufficiale. Benchè piovigginasse, la gente rimaneva immobile, e le donne essendo tutte in prima fila, formavano intorno alla banda un gran cerchio di caschi, che da lontano, al lume dei fanali e a traverso il velo della nebbia, pareva davvero una schiera di corazzieri a piedi, che tenesse indietro la folla. Mentre la banda suonava, una ventina di soldati di fanteria, raggruppati in un angolo della piazza, l’accompagnavano