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42 ODISSEA

di dove siamo tu chiedi? Rispondere dunque io ti debbo.
80D’Itaca giunti siamo, che sorge alle falde del Neio.
Una ragion privata, non pubblica, esporre ti devo.
Dietro alla fama io vo’ di mio padre, se n’oda novelle,
del pazïente Ulisse divino, che, come si narra,
espugnò, combattendo con te, la città dei Troiani.
85Di tutti gli altri, quanti pugnar coi Troiani, sappiamo
dove ciascuno dové soccombere al fato di lutto:
a lui volle il Croníde infliggere ignota la morte:
poi che nessuno sa dire di certo dov’egli sia morto,
se su la terra ei cadde, nell’aspro cimento di guerra,
90o se piuttosto in mare, tra l’onde perí d’Anfitríte.
Per questo, ai tuoi ginocchi giungo ora; perché ti compiaccia
di raccontarmi la triste sua fine, se tu l’abbia vista,
con gli occhi tuoi, se udita parola tu n’abbia d’altrui.
Né per riguardo o pietà molcire ti piaccia i tuoi detti,
95ma tutto ciò che ti cadde sott’occhio, raccontami chiaro,
te ne scongiuro, se pure mio padre, se il nobile Ulisse
mai di parole o di fatti promessa ti fece e mantenne
sotto Ilio, dove tanti dolori soffriron gli Achivi.
Memore adesso di ciò, favellami vere parole».
     100E Nestore, gerenio guerriero, cosí gli rispose:
«Caro, perché mi ricordi le doglie che avemmo a soffrire
coi figli impetuosi d’Acaia sul suolo troiano,
e quante volte coi legni, sovresso il ceruleo mare,
errando a far bottino, dovunque guidavaci Achille,
105e quante combattemmo di Priamo intorno alla rocca?
Qui cadder poi trafitti quanti eran fra noi piú valenti.
Aiace giace qui, fortissimo, qui giace Achille,
Pàtroclo qui, che per senno poteva agguagliarsi ai Celesti.