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AD APOLLO DELIO | 17 |
Ma davvero è tutt’altro che mediocre. C’è dappertutto una gran nitidezza di linee, una gran vivacità di colori. Alcune figurazioni non sembrano, quasi, indegne d’Omero. Per esempio:
Stupore
colse le Dive, d’oro fu florida l’isola tutta,
come pei fiori una selva sul vertice sommo d’un monte.
Oppure, l’apoteosi d’Apollo che si presenta al consesso dei Numi. O, anche, l’immagine, sia pure appena accennata nel discorso di Delo, dell’isola che piomba giú negli abissi del mare. Rimando i lettori all’inno, direttamente. Qui non sembri superfluo riferire, invece, una pittura analoga, sebbene antipoda, di Pindaro, nella quale vediamo l’arrestarsi nel pelago dell’isola errante.
Errava da prima, rapita
dai flutti, dal cozzo dei venti molteplici.
Ma quando la figlia di Coio,
furente nell’ultime doglie, vi giunse,
quattro colonne diritte
dalle radici terrestri
sursero come adamàntini plinti,
e sui capitelli la roccia sostennero.
E quivi, sgravata,
mirò la beata sua prole.
Omero minore - 2. |