Pagina:Omero minore.djvu/65

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Ermète, o Musa, canta, di Giove figliuolo e di Maia,
lui che Cillène e l’Arcadia nutrice di greggi tutela,
degl’Immortali araldo benigno. Sua madre fu Maia,
Ninfa dai riccioli belli, che a Giove si strinse d’amore,
pura fanciulla. Schivare le schiere solea dei Beati,
sempre, vivea fra l’ombre d’un antro. Il figliuolo di Crono
amò quivi la Ninfa ricciuta, nel cuor della notte,
mentre Giunone immersa giaceva nel dolce sopore,
restando ai Numi tutti nascosto, ed a tutti i mortali.
Ma quando fu compiuto di Giove possente il disegno,
ed eran volti già per lei dieci mesi nel cielo,
diede alla luce il fanciullo, compiuta fu l’opera insigne.
Un pargoletto die’ a luce versatile, fino di mente,
pronto a rubare, ladrone di bovi, signore dei sogni,
uso a spiare di notte davanti alle porte, che presto
compiere celebri imprese doveva fra i Numi immortali.

Esso, come balzò della madre dal grembo immortale,
ben poco tempo restò ne la culla di vimini sacra,
ma saltò su, la soglia varcò dell’ombrosa spelonca,