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96 | poesie |
Carlo, il gran Dio, se unqua le vele sciogli,
30Per l’alto regga i tuoi sentieri; intanto
Lietamente i Cantor teco raccogli,
Se pur degno di te spiegano il canto.
XVII
AL SIG. GIACOMO CORSI
Biasimo d’Amore.
Quattro destrier, quasi le piante alati,
A coppia a coppia ubbidïenti al freno,
Per monti me conducono, e per prati,
Ed io mille piacer chiudo nel seno.
5Godo, che Roma, ove speranze altere,
Ma sempiterni affanni han posto albergo,
Io legge prescrivendo al mio volere,
Quasi sviato, ho pur lasciato a tergo.
Sì per lungo sentier fresch’onde e pure,
10E sento mormorare aure serene,
Ed alternare infra le frondi oscure
Rosignuoli, dell’aria alme Sirene.
Ma tra’ piacer, che desïati io provo,
Quel, che più vivo mi si chiude in petto,
15È che verso la patria i passi io movo,
Ov’entro due begli occhi è ’l mio diletto.
Incauta lingua a rivelar veloce
Ciò che mio proprio onor vuol che s’asconda
Ove ne vai? Ma che dico io? La voce
20Ah che del cor le passïon seconda.
Or se rossa la guancia, e basso il guardo
Mi condanna a portar colpa d’amore,
Vagliami almen, che s’io vaneggio, ed ardo,
Io non son lento a confessar l’errore.
25Ben grave error, che a desïar m’adduce
Ognor beltà, che di mia morte è rea;
E fammi in terra ricercar la luce
Che nel chiaro del ciel cercar dovea.
Corsi, quegli occhi e quelle chiome d’oro
30Al Ciel, che sembra, che n’aspetti e chiami,
Innalzar mi doveano; ed io di loro,
Per quaggiù dimorar, fatti ho legami.
Sì delle pene mie certo e sicuro
Sol prezzo lei, che miei desiri accende,
35Ne prendo a rammentar, come atro e scuro
Generoso sepolcro alfin m’attende.
XVIII
AL SIG. GIULIO DATI
La Morte essere non pure inevitabile, ma incerta.
Contra gli assalti di Nettun spumanti,
Quando Austro a sdegno, od Aquilone il move;
E contra i lampi, e ’l fulminar di Giove
Ha l’ingegno mortale, onde si vanti.
5Ma contra i colpi della falce oscura,
Che arma di morte l’implacabil mano,
Invano ingegno s’affatica; invano
Stame di vita contrastar procura.
Dolce a’nostr’occhi è del bel Sole il lume;
10Ma quel sì scuro hassi a calcar sentiero:
Peggio è pensar, che del mortal Nocchiero,
Quando è creduto men, varcasi il fiume.
Non senza trar dal cor lagrime e guai
Di nostra vita fral teco ragiono:
15E dove, o Giulio, i due Fratelli or sono,
Che lieti dianzi al mio partir lasciai?
Arno famoso, e la tua Patria altera
Pianga il morir degli onorati figli;
Ma del rio mondo esperienza pigli
20Chi vaneggiando in lui bearsi spera.
Quale al mezzo del dì Febo distrugge
Rosa, che aperse in sul mattin sereno,
Tal quaggiuso il piacer, Dati, vien meno;
Quei ne godrà, che disprezzando il fugge.
XIX
A MONSIGNOR ANGELO CAPPONI
A varie età convenirsi varj diletti.
Or che lunge da noi carreggia il Sole,
Avaro di suo lume a’ giorni brevi,
Io schifo delle piogge e delle nevi
Torno d’Omero alle dilette scuole;
5E ne’ bei canti suoi l’anima impara,
Come il disdegno de’ gran regi è forte,
Quando la fuga, e degli Achei la morte
Era al figlio di Tetide sè cara:
E che si acquista onor, forte ei n’insegna,
10Per fatiche acerbissime sofferte,
Quando al germe affannato di Laerte
Dar bella gloria ed immortal s’ingegna.
Si rinchiuso tra’ libri il corso umano
Passo passo avvicino al corso eterno,
15Già grave d’anni, ed a temprare il verno,
Bacco ho non lungi, e da vicin Vulcano.
Tu, che di caldo sangue, Angelo, avvampi,
Robusto i fianchi nell’età giojosa,
All’apparir della Titonia sposa
20I veltri sveglia, e va correndo i campi.
Dolce mirar, dove celata alberga
Timidissima lepre, al fuggir presta;
Dolce mirar cinghial per la foresta
Infocar gli occhi, ed inasprir le terga.
25Dolce mirar non manco in un momento
Divorare i selvatici sentieri,
E lasciar palpitando i can leggieri
Cervetta pie di piuma e piè di vento.
Nè paventare entro le selve alpine
30Unqua d’Amor l’insidïose reti;
Ch’ei tra mirti fioriti, e tra laureti,
Lacci suol far d’innanellato crine.
XX
AL SIG. RAFAELLO GUALTEROTTI
Doversi lodare le Provincie per la Virtù
degli Abitatori.
Dovunque il vago piè talor mi mena
Sotto straniero cielo a viver lieto,
O dove mormorando il bel Sebeto
Sembra di lacrimar l’alma sirena;
5O dove i sette colli, alto stupore,
Fermano ogni ora al peregrino i passi,
E creder fan co’ dissipati sassi
Le meraviglie dell’antico onore;