Pagina:Opere (Chiabrera).djvu/16

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del chiabrera 3

deroso che si leggessero; il rimanente lasciò in mano di amici.

Con sì fatto, proponimento, e con sì fatta maniera di poetare, egli passò la vita sino al termine di lunghissima vecchiezza, ed acquistossi l’amicizia di uomini letterali, quali a suo tempo vivevano, ed anco pervenne a notizia di principi grandi, da’ quali non fu punto disprezzato; e da ciò puossi far questo conto. Essendo lui in Firenze con amici per sollazzo, Ferdinando I, chiamollo a sè, e fecegli cortese accoglienza, e poi comandògli fare alcuni versi per servire sulla scena ad alcune macchine, le quali voleva mandare al principe di Spagna per dilettarlo. Avutili, mandò a Gabriello una catena d’oro con medaglia, ove era impressa l’immagine sua e di madama sua moglie, ed insieme una cassetta con molti vasi di cose stillate per delizie e sanità. Poi por le feste della principessa Maria, maritata al re di Francia, comandògli che avesse cura delle poesie da rappresentare in sulla scena, ed allora avvenne che provandosi alcune musiche nella sala dei Pitti, vennervi ad udirle la serenissima sposa, madama la gran duchessa, la duchessa di Mantova, il Cardinal Monti, ed altro numero di chiari personaggi, e finalmente venne Ferdinando, e vedendo egli Gabriello, il quale con altri suoi pari stava in piedi e colla testa scoperta, comandògli che si coprisse e che sedesse. Fornite poi le feste, commise ad Enea Vaino suo maggiordomo, che notasse fra’ gentiluomini della corte Gabriello con onorevole provvisione, e senza obbligo niuno dimorasse dovunque egli volesse. Nè meno Cosimo suo figliuolo mostrò di prezzarlo, anzi provandosi per le sue nozze pubblicamente una favola in scena, e vedendo Gabriello, chiamollo e fecelo sedere a lato a sè finchè finisse di provarsi quel componimento; e sempre, per lo spazio di trentacinque anni, diedero segno quei serenissimi signori di averlo caro, nè mai lo abbandonarono delle loro grazie. Carlo Emmanuelo duca di Savoja, vedendo che Gabriello scriveva l’Amadeida, invitandolo a farsi vedere, gli fece per bocca di Giovanni Botero intendere, che s’egli voleva rimanere in sua corte gli darebbe qualunque comodità egli desiderasse, ma Gabriello, scusandosi, rifiutò, ed il duca, dettogli quanto desiderava intorno a quel poema, lasciollo partire e donògli una catena; e di sua stalla commise che se gli apparecchiasse una carrozza a quattro cavalli: dimostrazione di onorevolezza la quale soleva farsi ad ambasciatori de’ principi. Ancora scrivendogli, gli scriveva direttamente, parlandogli il duca e non il segretario; e sempre che Gabriello fu alla corte gli faceva contare lire 300, ch’egli diceva per il viaggio, il quale non era che lo spazio di cinquanta miglia. Ben è vero che non mai gli fece dare alloggiamento, nè mai, parlandogli, il fece coprire. Vincenzo Gonzaga duca di Mantova pure si valse di lui, e nelle nozze di Francesco suo figliuolo il chiamò, e lasciò a lui i pensieri di ordinar macchine e versi per intermedj sulla scena. Da questo signore fu in tal guisa onorato, sempre alloggiato e spesato in suo palazzo, e sempre udillo colla lesta coperta; ed andando a pescare sul lago, ve lo condusse sulla propria carrozza sua, e pescando, fece entrarlo nel suo proprio navicello, e desinando, tennelo seco a tavola; poi, spedite quelle allegrezze, rimandollo a Savona, e volle che senza obbligo di niuna servitù pigliasse un onorevole stipendio sulla tesoreria di Monferrato; e così fu, ed ogni volta che Gabriello fu a quella corte sempre accarezzollo. Corsero anni, e fu creato papa il Cardinal Barberino. Gabriello ebbe con lui amicizia fin dagli anni giovanili, e sempre durò, ma non con molta familiarità per la lontananza delle loro dimore; andò dopo a baciargli i santissimi piedi, fu raccolto con cortesissima maestà, e diede Sua Beatitudine segni di amore sempre che Gabriello capitò in Roma, perchè egli non volle farvi continuamente stanza. La prima volta ch’egli se ne dipartì, mandògli un bacile pieno di agnusdei, e due medaglie, ov’era il suo volto scolpito, ed