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Pagina:Opere (Chiabrera).djvu/17

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4 vita

un quadretto dentrovi l’immagine di Nostro Signore miniata: poi sotto l’Anno Santo egli gli scrisse un Breve, come suole agli uomini grandi, e con esso invitatolo a Roma; ed il Breve fu di questo tenore:



Dilecte Fili, salutem, et apostolicam benedictionem. Pontificii amoris monumentum, et celeberrimae virtutis praemium extare volumas Apostolicum hanc Epistolam tibi inscriptam; quamvis enim ejusmodì honoribus non nisi principes viros dignari solet Maiestas Romani Pontificatus, attamen Gabrielem Chiabreram ex aliorum litteratorum vulgo secernimus, cuius arma sapientiae paraverunt regnum in tam multis Italiae ingeniis. Arcibus, et legionibus potentiam suam muniant dominantes. Tu carminum vi studiosam iuventutem sub ingenii tui devotionem redigis, dum sibi imitatione tuorum poematum aditum patefieri arbitramur ad immortalitatem nominis consequendam. Interest autem Reipublicae quamplurimos reperiri imitatores studiorum tuorum; lyrica enim Poesis, quae, ante vino, iustrisque confecta in triviis, et tenebris sordido Cupidini famulantur, per te nunc graecis divitiis aucta, deducta est modo in Capitolium ad ornandos virtutum triumphos, modo in Ecclesiam ad Sanctorum laudes condnendas. Nec minus feliciter sibi consulent, qui mores tuos non imitabuntur uegligentius, quam carmina; Prudentiam enim cum sapientia coniungens, et severìtatem facilitate leniens, deraeruisti Italicos Principes, et docuisti populos, posse poetica ingenia, sine dementiae mixtura, et vitiorum faece fervere. Quare Nos non obliti veteris amicitiae, et faventes laudibus nominis tui, singulare hoc tibi damus patemae nostrae pignus caritatis, cupientes quam nobis, decedens, fìdem sponsione obligasti eam, adventu tuo quam primum liberari; tibique Apostolicam benedictionem peramanter impertimur. Datum Romae apud Sanctam Mariani Majorem sub annulo piscatoris die 29 novembris 1623, pontificatus nostri anno secundo.


Andò dunque in Roma, e fu con accoglienze più cortesi ricevuto. In quel tempo era il giorno della Candelora, in che dispensandosi le candele benedette ai cardinali in cappella di Sisto, il papa dal seggio, ove egli solennemente sedeva, comandò, che una se ne portasse all’alloggiamento di Gabriello. Ancora incontrandolo per la via di san Giovanni, la quale mena a santa Maria Maggiore, piena di passeggieri per la giornata solenne, egli quasi scherzando mandò a Gabriello un palafreniere, il quale espose queste parole di Nostro Signore: Che, poiché lo vedeva in peregrinaggio, gli mandava quella elemosina; ciò fu di medagliette di argento, entrovi impressa la Porta Santa. S’aggiunse a questi grandi un grandissimo favore. Predicavasi in sala di Costantino, ed aveva Sua Santità fatto divieto ad ognuno che non fosse prelato l'entrarvi ad ascoltare. Gabriello per voglia di udire, fece fare preghiere al papa, il quale erasi posto nella stanza di legno, chiamata Bussola. N. S. rispose: Che a lui pareva male rompere l'ordine fatto; e fece chiamare Gabriello, e tennelo seco in quel signolarissimo luogo con esso lui, quanto fu lunga la predica. E da notarsi ancora, che andato il Chiabrera a Roma a baciare i piedi ad Urbano, dopo la ricevuta del soprascritto Breve, e ringraziato riverentemente il Sommo Pontefice dell'onore ricevuto, con dire: Che si alte lodi erano effetti dell’amicizia che passava tra monsignor Ciampoli segretario de’ Brevi, e lui; risposegli Urbano: Lo abbiamo dettato noi.

Nè la Signoria Serenissima di Genova fu meno cortese in favorirlo, e quante volte egli favellò a’ serenissimi collegj, sempre comandò il serenissimo duce ch'egli coprisse il capo; ed i sudditi sogliono in quel luogo