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del chiabrera | 177 |
Ingannar gli occhi altrui nobil pittura.
Vidi eccelsi lavori
10In marmi peregrini,
E con arte infinita
Dar sembianza di vita
A dari sassi alpini.
Ivi pur gli occhi miei
15Ben sovente ammiraro
Allor che rimiraro
Altissimi Imenei.
Cetre di novi Orfei
Alle vestigia altrui volgeano il freno;
20E femminil beltate
Altrui spargea di care fiamme il seno;
Bionde chiome gemmate,
E di vivo ostro aspersi
Bei sorrisi cortesi
25Foco di guardi accesi,
Miracolo a vedersi.
O lucid’acque e vive
Del real Mincio ombroso,
O d’Arno glorïoso
30Incliti Numi e Dive,
Qual sulle vostre rive
Già vidi ornarsi e passeggiar destrieri?
E ’n simulati assalti
Quaggiù governa i regni.
35Pur sazio il guardo mio
Quai vidi aste vibrar veri guerrieri?
Vidi fra gemme e smalti
Così splendere un giorno
Ampi teatri egregi,
40Che d’ogni antico i fregi
Volano meno intorno.
Ivi non pur sul mare
Mosse finto Aquilone,
Ma dell’alma Giunone
45Le nubi or fosche, or chiare:
Ivi siccome appare
Del Gange uscendo a seminar rugiade
Sorse bugiarda Aurora
E del cielo illustrò l’alme contrade;
50Così forte avvalora
I peregrini ingegni
Nel corpo infermo e frale,
Se destra liberale
Quaggiù governa i regni.
55Pur sazio il guardo mio
Di pompa e d’alterezza,
Or solamente apprezza
Non superbo disío:
Corso di puro rio,
60Che serpeggiando lava erma campagna,
Par, ch’oggi a sè mi chiami,
E rosignuol, che sul mattin si lagna
Entro selvaggi rami.
Deh chi mi scorge dove
65Io goda ombre romite?
E piagge colorite?
E fresche erbette e nove?
Ove d’Arcadia i monti,
Desiderate sedi
70Dalle città, miei piedi
A colà gir son pronti:
Tu, che gli Aonii fonti
Governi Euterpe, d’Aganippe l’onde,
Additami il sentiero;
75Sì dico, ed a’ miei detti ella risponde:
Dolce e gentil pensiero,
Fedel, t’infiamma il petto;
Alla virtude odiata
Piaggia disabitata
80È ben grato ricetto.
Da che ferro ed acciaro
Divenne infra la gente
Quel primo oro lucente
A rimembrar sì caro,
85Intra i boschi volaro
Pace ed Amore, e ratto seco insieme
Tranquillità sen venne;
Indi conforto, e non frodata speme
Seco spiegò le penne,
90Sì tra foreste oscure
Stansi le Dee giojose
Per l’anime orgogliose
Mal note, e ben sicure.
Or s’al vulgo nemico
95Le pompe a dietro lassi,
Governerà tuoi passi
Spirto di Febo amico,
Chiaro per sangue antico,
Fulgida stella alla Liguria splende;
100E su leggiadre piume
Contro le nubi inverso il cielo ascende,
E suo gentil costume
Di dolci preghi al suono
Pronta porger la mano,
105Ed io nel corso umano
Giammai non l’abbandono.
III
Quando Febo al re Ferèo
Pasturò gregge lanose,
Per temprar l’esiglio reo
Pur con note armoniose
5Alma cetra egli compose.
E d’Anfriso in sulla riva
Al piacer de’ suoni uditi
Tutto il ciel si raddolciva,
Nè per monti, nè per liti
10Fur latrati, o far muggiti.
A’ suoi corsi pose il freno
L’onda allor del chiaro fiume,
E l’auretta in ciel sereno
Obblïando il suo costume
15Non sapea batter le piume.
Discendean dall’alte piagge
Alle corde lusinghiere
E le Ninfe erme e selvagge,
E le Ninfe fontaniere
20Alle corde lusinghiere.
L’alme Dive il sen velate
Sol di lucido ornamento,
E la fronte inghirlandate
Faticavano al concento
25Sempre in danza i piè d’argento.
E quel Dio sul caro argento
Delle corde alme beate
Variïava il bel concento
Alle Ninfe inghirlandate;
30E sol d’oro il sen velate.
Quando poi tornossi al regno
Delle stelle auree serene,