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PROSE


CINQUE

DIALOGHI

DELL’ARTE POETICA


IL VECCHIETTI

OVVERO

DEL VERSO EROICO VOLGARE



V. Buon dì, signore Strozzi.

S. Dio ve ne renda cento, signor Vecchietti. Su quest'ora da Firenze a Fiesole?

V. Non per certo. Il sole scoperto me ne avrebbe sconsigliato, te rimasi co’ reverendi padri di s. Domenico stamane.

S. Quella buona e bell'aria vi avete goduto? Non potete venirne salvo giocondo.

V. Vengo pieno di giocondità, ed in questa loggia io me ne colmerò; le pendici di Fiesole, il piano d’Arno, e la città di Firenze, che altro rimano a vagheggiarsi? Io gioisco che abbiate la villa su questo monte, e che qui l'animo facciate sereno, ingombrato nella città da strane noie e da sempiterni studi.

S. Già non mi reprenderete in questo giorno, come solete: senza libri mi trovate, ed ozioso.

V. Ma tutta volta uno io ne veggo in sul tavolino: quale è egli?

S. Dante è, cioè la sua Commedia.

V. Chi potrebbe riprcedervene? egli è poeta, poeta sommo, e poeta fiorentino.

S. Ch'egli sia poeta e fiorentino niuno il contrasta: ma per titolo disonnilo oh quante battaglie!

V. Quante battaglie, tante vittorie per noi.

S. Favellate voi lealmente? o vi rammentate di Socrate, quando egli affermava, che agevole cosa era lodare gli Ateniesi in mezzo di Atene?

V. Lealmente io favello; e per verità, di Dante ammiro molte eccellenze, ma del verso mi soddisfaccio intieramente.

S. Del verso? Forse parvi di basso suono?

V. Malamente mi son dichiaralo. Del verso io son soddisfatto, perciocché dei migliori non ne è fornita la lingua volgare: io volli dire della maniera del rimarlo.

S. Cioè a dire, non vi soddisfa la terza rima.

V. Non per verità.

S. E quale vi darebbe soddisfamento?

V. Oh qui mi tirate nell’alto di un pelago, ove già mollo tempo travaglio per non affogarmi!

S. Perchè cosi? O vi dee piacere la terza, o l'ottava rima.

V. Perchè?

S. Perchè gli uomini grandissimi altra non ne hanno adoperata.

V. La loro discordia mi mette in forse. Dante e il Petrarca la terza, l'Ariosto e il Tasso l’ottava hanno scelta per i loro poemi; puossi egli trovare coppie d’intelletti maggiori, o diocon maggiore autorità sostengano le loro opinioni? Se tutti e quattro fossero ad una, lo loro parole oracolo sarebbono con me, nè chiederei argomenti ove udissi la loro autorità; ma essi, rinnovellando la favola de' Terrigeni, s'ammazzano sotto gli sguardi nostri.

S. Con poco numero di parole mi conducete a pensare di molte cose. Deh! per grazia, facciamo saldo ragionamento; siamo in villa bene scioperati; alcuno non è per tramezzare i nostri ragionamenti, e l’aria è ripiena d’aurette e di refrigerio.

V. Ben dite, ma chi farallo questo saldo ragionamento?

S. Voi, che l'avete messo innanzi.

V. Hollo messo innanzi perché grandemente io ne vivo in dubbio, ed essendone in dubbio, come posso ragionarne saldamente?

S. Facciatene questioni: voi chiederete, ed lorisponderò; io chiederò, e voi risponderete a vicenda. Siffatte materie non sono di tanto momento che senza ferma conclusione non possano lasciarsi al talento degli ascoltatori; noi passeremo lietamente una mezza giornata; che altro vuoisi pei noi ?

V. Se così parvi, cosi sia; ora date risposta: il verso di undici sillabe parvi egli acconcio per lo poeta narrativo?

S. Parmi senza alcun dubbio.

V. Ed io ne vengo con voi; nè posso secondare Claudio Tolommei, per altro uomo chiarissimo.

S. Qual versò amava egli, rifiutando questo di undici sillabe?

V. Tirava il nostro verseggiare alle regole de' latini, e sfarzosi di trasportare gli esametri

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