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del chiabrera | 31 |
Perchè non muova a rallegrare indarno
Tre miei diletti regni,
Austria, Lorena, ed Arno1.
10Ben di non pochi Eroi
Hanno giusta cagione, onde pregiarsi,
Ma la virtù che sorge,
Con più giocondo cuor suole ammirarsi;
Però se il mondo scorge
15Inclito Sol di Marte
Spuntando rischiarar nostri orizzonti,
Dee messaggiero Apollo
Farne i bei raggi conti.
Germe di Cosmo, il tempo
20Batte le piume, e per impresa altera
Piè di anima gentile
Muove sull’alba, e non indugia a sera
Con esso te non vile;
Tu con tal rimembranza
25Corresti all’armi, e sull’april ben tosto
Il regio petto armasti
A bel morir disposto.
Tal per etade il brando
Non cinge allor, che tu il vibravi intorno,
30E per sanguigna strada
Stancavi del destriero i piè di corno;
Or vada altera, or vada
Tra dame, tra carole
L’Italica ozïosa gioventute,
35Ch’esalterassi in Pindo
La somma sua virtute.
Ma di che strano vento
Mal empiendo le vele oggi travío?
Rivolgiamo la prora,
40Ed al nostro cammin torniamo, o Clio.
Qual di sue giubbe ancora
Leon non ben guernito,
Contra fier cacciator mostra fierezza,
E sprezza i gridi, e l’aste
45E le faretre spezza:
Tal fresco d’anni in campo,
Ove regie Corone ivano a morte,
Il Signor de’ miei versi
Con destra invitta a guerreggiar fu forte;
50Sostenne i gridi avversi,
E le piaghe ebbe a scherno,
Guazzò nel sangue, e calpestò le teste
Superbe e rubellanti
Al Correttor celeste.
55Ivi che fu vederlo
Sott’elmo d’or con giovanetta guancia,
Già maestro di guerra
Ruotar la spada, ed arrestar la lancia,
E che vederlo in terra
60Sul corridore anciso,
Ed ivi i duci lui guardar ben lieti
Sull’onde di Scamandro
Novel figlio di Teti?
Fama sul nobil tergo
65A più ratto volar cresci le piume,
Esercitando tromba
Di metallo sonora oltre il costume.
E se cara rimbomba,
Più che tutto altro al mondo,
70Lingua che apprese in Pindo arte febea,
Faccia sentir suoi cigni
La regïon Dircea.
Io d’odoroso cedro
Comporrò cetra, e con gentil lavoro
75L’ornerò d’aurei fregi,
Nè d’altre corde l’armerò, che d’oro;
Indi gli affanni egregi,
E di Francesco i vanti
Infino al ciel solleverò cantando,
80E ne godrai ne’ Pitti,
Mio re gran Ferdinando.
XLV
PER LO MEDESIMO.
Io non fra gl’Indi a ricercar tesori,
Anzi alle foci di Castalia varco,
Onde men riedo carco
Di belle palme e di non vili allori,
5E con man liberal ne mando altere,
Ad onta dell’obblío, l’alme guerriere.
Or quale accorto predator di carmi
Sue nobil prove a celebrar mi chiama?
Uno che amabil fama
10Cerca tra’ rischi e tra l’onor dell’armi;
E di vera fortezza anela i pregi,
E cresce gloria di Fiorenza ai regi.
Sceso con asta da’ gelati monti
Real guerriero2 di regnare indegno,
15Arso d’aspro disdegno,
Usò sprezzare incoronate fronti,
Ed alla forza ed all’insidie vôlto
Empieva all’Austria di cordoglio il volto.
Qual fuor degli antri suoi tratto a battaglia
20Ben chiomato leon per val d’Atlante
Con unghie di diamante
Contra lo stuol de’ cacciator si scaglia;
Tal chiuso in armi d’atro sangue asperse
Era l’altier fra le falangi avverse.
25Ma qual fra’ lampi e tuoni onda silvestre,
Che per distrutto gel corra orgogliosa.
Che non campagna erbosa,
Ma seco tragga al mar boscaglia alpestre,
Contra lui mosse il mio Signore, e scôrse
30Caderlo a terra, onde mai più non sorse,
Arno, qual prole i figli tuoi simiglia?
Un di Megera al Vaticano infesta
Gl’inferni impeti arresta,
L’altro spiegando al ciel Croce vermiglia
35Spezza le prore del tiranno Eóo,
E solca trionfando il mar Mirtóo.
A’ chiari merti di sì gran virtude
Leggiadra forma le mie man daranno,
Allor ch’elle verranno
40Sulla tebana delle Muse incude;
Oggi si dica a’ regnator mortali,
Che gli aurei scettri in loro man son frali.