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del chiabrera | 33 |
Patrii mari difesi
Della tua Clio sian cari:
75Tra le glorie diffuse
Degli altrui rischi alteri
Nobil cantor sfavilla;
Ed il mel delle Muse
Sul nome dei guerrieri
80Mirabile distilla.
Prova ne fece il Grande,
Che di Milone al figlio
Tra l’armi ognor vermiglio
Tante intrecciò ghirlande;
85E quei che a narrar prese
Sull’adorata tomba
Il Cristïan trofeo,
O fosse il Ciel cortese
Di non fievole tromba
90All’asta d’Amadeo.
XLVII
S’IMPLORA L’AJUTO DELLE MUSE
NELL’INFERMITÀ
DEL S. D. VIRGINIO CESARINI
O bella Euterpe, o de’ miei versi onore,
Deh dimmi: Febo è sgombrator de’ mali?
Conosce egli d’ogni erba ogni valore,
E ne può ristorar gli egri mortali?
5Se pur froda non è, ch’ei sia possente
Ogni morbo quetar che ci martira
In questi giorni, che ripone in mente?
Sovra che pensa? o dove gli occhi gira?
Langue il pregio sovran di nostra etate;
10E conforto di Febo invan s’aspetta,
Or che farassi? ah di disdegno armate
Cerchiamo rime, e procacciam vendetta.
Perda gli strali, e degli amati allori
Vegga seccare la corona in fronte;
15Sia ludibrio d’Admeto infra Pastori,
E gli rinnovi duol nuovo Fetonte.
O Clio, s’ami cessar, che altri dispieghi
Istoria del re vostro, ond’ei si scorni,
Fa che lui preghi sì, che per tuoi preghi
20Al buon Virginio sanità ritorni.
Allora udransi celebrare i pregi
Dell’Angue ucciso, incomparabil vanto,
E su cetere d’òr maestri egregi
In val di Tebro sollevarne il canto,
25Tra tanto ghirlandato in lunga veste,
Gloria ben singolar di Lilibeo,
Sciorrà Balducci mio voce celeste
Qual già la sciolse in Mitilene Alceo.
XLIX
ALLA SIGNORA
D. FLAVIA ORSINA
DUCHESSA DI BRACCIANO.
Certo ben so, che ti lusinga il core,
Nobile Donna, il canto,
Che va gridando il vanto,
E l’onorato ardir del tuo Signore:
5Ma dir del suo valore,
Che spronato dagli Avi in alto ascende;
Sol puossi del gran Pindo in sulle cime;
E gir per via sublime
La stagion sì cocente oggi contende.
10Or che lodarsi? or che da me si deve
Cantar per tuo diletto?
L’avorio del tuo petto
Dir può mia cetra, e la tua man di neve:
Ma sue lodi riceve
15Con gran rossore il tuo gentile ingegno;
Onde oggi teco io parlerò de’ venti,
Che de’ soävi accenti
Da lor merce sperar forse fia degno.
Che contra amore ogni contrasto è poco,
20Spesso affermar si suole;
E sì fatte parole,
Chi ben conosce il ver, non ha per gioco;
Che non potrà suo foco?
O quale incontra amor petto ostinato
25Troverà tempra alle sue fiamme salda,
Se i venti anco riscalda,
E fra lo stuol de’ venti il più gelato?
Già dell’argivo Ilisso in sulla riva,
Inclita verginetta
30Premea co’ piè l’erbetta,
Che per virtù d’april tutta fioriva;
Ostro gentil copriva
Le belle membra, e tra’ lavori egregi
Ei spargea per lo cielo aure Sabbee,
35E di gemme Eritree
Sovra il lucido lembo erano i fregi.
Vivo piropo le fiammeggia in seno,
Ammirabil monile,
Agli orecchi gentile
40S’attenea lampo di zaffir sereno;
Candido vel ripieno
D’alta ricchezza, onde ogni sguardo è vinto,
Sulla gonna di porpora risplende,
E l’aria intorno accende
45Cinto d’opre d’amor tutto dipinto.
Così lieta spargea tra sete ed ori
Chiome d’oro lucenti,
E scopria de’ bei denti
Fra’ rubin delle labbra almi candori,
50E tra’ vivi splendori,
Tra’ vaghi rai, sotto begli archi e neri
Occhi volgea per man d’Amore accesi;
Occhi dolci e cortesi,
Occhi duri ed acerbi, occhi guerrieri.
55Or mentre ella movea sul prato erboso,
Ecco dal Tracio albergo
Alato i piedi e’l tergo