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del chiabrera | 49 |
Dell’aria tenebrosa
Le squadre avverse ad assalir sen venne;
60Poco il furor sostenne
La nemica falange;
Ei gli sparse e disperse in un momento.
Febo, ch’esce dal Gange,
Le nebbie intorno a sè strugge più lento.
65Così gli empj sen vanno,
Se sorge il gran Tonante,
Della cui destra ogni vittoria è dono:
Il Trace è gran tiranno;
Ma sue forze cotante
70Nè di diaspro nè d’acciar non sono.
Forse indarno ragiono?
Ah no, che oggi sospira
Algier de’ legni suoi l’aspra ventura,
E Prevesa rimira
75De’ bronzi tonator nude sue mura.
Diffonde Etruria gridi,
Gridi che vanno al cielo,
Al ciel seren per nostre glorie e lieto;
Così nei cori infidi
80Spandi temenza e gelo,
Gran Ferdinando, per divin decreto:
Mal volentier m’accheto;
Nocchier, che i remi piega
In bella calma, empie di gaudio il petto;
85E cantor che dispiega
Consigli di virtù, prende diletto.
Popolo sciocco e cieco,
Che militar trofei
Speri da turba in guerreggiar maestra,
90Quali squadre ebbe seco
Sanson tra’ Filistei,
Quando innalzò la formidabil destra?
Ei da spelonca alpestra
S’espose in larga piaggia
95A spade, ad aste di suo strazio vaghe,
Quasi fera selvaggia
Data in teatro a popolari piaghe.
Ma sparsi in pezzi i nodi,
Onde si trasse avvinto,
100D’acerba guerra suscitò tempesta;
Per sì miseri modi
All’esercito vinto
La forza di sua man fe’ manifesta:
E sull’ora funesta
105Per lui non s’armò gente,
Nè di faretra egli avventò quadrella;
Ma vibrò solamente
D’un estinto asinel frale mascella.
Al fin chi lo soccorse
110Dentro Gaza, là dove
Le gravissime porte egli divelse,
E rapido sen’ corse,
(Incredibili prove!)
E le portò sulle montagne eccelse?
115Dio fu, Dio, che lo scelse,
E di fulgidi rai
Si chiaro il fece ed illustrollo allora:
Nè perirà giammai
Chi s’arma, e del gran Dio le leggi adora.
LXXI
VI
La ghirlanda fiorita,
Ch’io tesso in riva di Castalia ombrosa,
Ti giungerà gradita,
Rodi diletta al Sol, Rodi famosa:
5Chè la splendida gloria,
Di cui tu miri adorno
Oggi il nome Toscano,
Ti promette vittoria;
Onde si spezzi un giorno
10L’aspro giogo Ottomano.
O lieta oltre misura,
E del Signor chiarissima virtute,
Che ciascun di procura
Al periglio de’ suoi scampo e salute.
15Turbo di Lete inferno
Dunque non fia che opprima
Del nostro Re la fama:
Sì con desire eterno
Di sì gran merto in cima
20Ei stabilirsi brama;
Oggi nell’onde Argive
Fu forte a soggiogar tanti guerrieri,
Tante altronde cattive
Già menò turbe de’ ladroni arcieri
25Scorti non fur mai tardi
Sulle spalmate prore
Suoi duci a grande assalto,
E suoi grandi stendardi
Spandono tal terrore,
30Che fanno i cor di smalto.
Stefano santo, a cui
Consecrate già far, sì le difende,
Che alla possanza altrui
Fansi ad ognor le belle vele orrende;
35Ne pur sul mare in guerra,
Arno, d’ingiusti Regi
Ei fa l’ingiurie vane,
Anzi dà palme in terra,
Onde t’innalzi e pregi;
40E lo san dir le Chiane.
Quivi tronchi e mal vivi
Lasciaro i tanto fier l’egra speranza;
Quivi trionfi, quivi
A’ tuoi scettri si crebbe alta possanza.
45Però frondi gentili,
Onde l’Arabia è verde,
Ornino i sacri altari;
Il Ciel guarda gli umili,
E gli alteri disperde:
50In Sennaär s’impari.
Oda ciascun: Parnaso
Per alta verità fassi giocondo;
Poichè l’orribil caso
Vider le genti, e fu sommerso il mondo,
55Lasciato ogni alto monte
Elle dell’ampio Eufrate
Posaro in sulla riva;