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140 vita di alberto pisani

l'apparenza, rado dalla sostanza ; clic un brodo in tazza di porcellana ci par migliore di uno in iscudclla di terra. Dite, avrebb’egli pianto lo stesso, se la infelice si fosse, ignobilmente, appiccata ? In conclusione, ei si sentiva malvagio; se non ancora assassino nè ladro, in grazia delle circostanze solo. Nulladiracno, i malvagi, per la più parte, hanno talento ; forse perchè, dovendo, possano ([nella virili aquistarc che non fu loro donala. Ed egli ? Avea sì la gobba sul naso, Y ingeni i mons della fisonomìn ; ma, in verità, leggendo, egli stentava a capire. Le poesìe, di lui, regalarle ai camini, sarebbe slata superbia. Memoria? da penna d’oca. Tallo critico ? peggio che peggio ; sempre si distaccava dii un libro, Un una sinfonìa, da un quadro, incerto se e perchè pia- cèsscgli o no. Quanto al discorso poi, mai botte risposte, mai lampi di genio ; parlava a lambicco, poco, c anche quel po.*o sconnesso, segno di roba mal digerita e di pensieri informi. E nemmanco avea in cosfa un marsupio di studi, sia ùtili, sia dilettévoli, come vuol la corrente e stùpida distinzione. Infatti, che sapeva cidi a mùsica? Tamburellar con le dita c fuori o di tempo sui vetri. E a disegno? Non temperarsi nn làpis. E a matemàtiche, istorie, leggi, c via via ? Bah ! della parte maggiore ;1 nome solo soletto ; dell’altra, sottosopra lo scopo, c non più. Infine ! agli esercizi anche del corpo, nè adatto, nè uso. In nuoto, un pesce di piombo: nelle ginnàstiche, semplice spettatore ; in arte equestre, noto solo alle scope e al cavalloni di legno.... Era palpàbile prova il suo pòvero corpo, malnato, male-cresciuto.... Tè, vedi. E qui Alberto, tolto dal tavolino un candeliere acceso (chè nota bene, egli usava spe¬