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CAPITOLO QUINTO 143 leggesti rAlficri, il Foscolo, il Manzoni, il Rovani, ed allri del medésimo sacco? Male, mio caro. Sono autori non puri, pericolosi ; o da non lèggersi mai, o solo allorquando non poimo più niente sulla nostra corazza di studi. Conosci il Pula/fio :} »

  • — No.

— Come ? tu non conosci quell’inesaurìbile cava di schietti e nativi modi di dire ? Fd il Guitlone d’A rezzo ? e il Burchiello ? e sopratullo quel prezioso librino publicalo a mia cura? No? Bollar l’Anlèa ! vuoi un consiglio (l amico ? Va per la corta a pigliarli. Alberto era peranco arancino. Credendo agli occhiali, al barbone, e alla sapiente sporcizia del professor Tamaròglio. di bella prima andò a comperarsi un mucchio di lesti di lìngua. Bruciava di mangiarseli tulli, come se avesse avuto dinanzi un piallo di dolci. Ma il paragone vai per metà (piale, vai tulio intero ?) (pie’ libri era 11 cattivi al palalo ; bensì, a somiglianza de* dolci, impiastràvan lo stomaco. — (iià — pensava egli a lauta scioccàggine — sono ancor troppo novizio per poterli capire ; ini abituerò ; non ci si abitua allo sigaro? Forse, sono ancora il villano che, innamorato della sua nigra ned non formósa Madonna, guarda indifferente una di Raffaello o Correggio, lì, fossero cotesti clàssici anche letame, non feconda il letame ?— Così, cercando persuadersi a forza di mcta- foruccie che il male era sano, tirava innanzi a inghiottire le più insulse scritture. Scnonchc, quelle che riuscivano ài palchi della librerietta sua, èra 11 poche ; alcune, méssevi a prova, ne venìvan rimosse prima dei quaranta dì. lì dalla menle di lui ? O beata ignoranza ! sòlida volta clic celi orrì¬