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144 vita di alberto pisani

bili abissi ; per te si cammina sicuri, nò si cade mai. Povertà non teme indugiarsi a ora tarda pei boschi ; se chiude la porla, è solo in riguardo dell’aria. Mirate invece frulli del troppo studiare! dico in arte, intendete. Anzitutto, spendiamo il terzo migliore della vila nostra, quello di amare e creare, nelle cantine c nei spazzacasa, in busca di code di sorci e di capocchie di chiodi. Quando poi ci sovviene d’avere sul collo una lesta e nella testa un cervello, la nostra originalità (primo tesoro a ciascuno) c svanita ; noi, pensiamo secondo vuole la rima, facciamo a ricetta ; oppure, incapati a seguire le orme di qualche grand’uomo, gettiamo la rimanente vita senza alcun prò. Per fare il Manzoni, eccoci Car- canini ! E alcuna volta si apprende, dopo un lunghissimo rigirìo, che, fiori, sìmili a quegli essiccali che noi cercavamo di rinfrescare, venìvan su a dispregio nel nostro giardino ; che quella chiave, per cui frugavamo tutta la casa, era là, dove meno ci si pensava — in una lasca di noi. Ma c se non fosse là pure ? Oh ! allora, notte felice. Se qualche volla lo studio, a chi ha la presti divina, può non far male ; a colui che ne manca, mai non fà bene. Inaf- lia il tuo ghiarone, concima ! non caverai che de’ sassi ; i fiori tuoi, carta ; i prati, saranno felpa. Tuttavìa, poniamo clic le qualità essenziali del genio siano in te, basta ? No. Lo schioppo caricalo c montato ha d’uopo di che fàccialo esplòdere ; per esempio, l’incontro con un’òpera somma, prodùssene altre ; ecco dùnque un portalo di quello studio, che poco sopra (vìvano le contraddizioni !; abbiamo detto non ùtile. lì fuor dallo studio ? Sì. — Cosa ? Amore. — La biscia