Pagina:Opere (Dossi) I.djvu/180

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La cassierina 149 tamburone, uno di qua, uno di là, come quando s’incèrchian le botti. Ma, di sconnesso ancor più, slava nel mezzo del cerchio, un disgrazialo fanciullo che si storceva per solazzo del pùbblico. lira l’uomo- caoiitclioiic; un mingherlino a cui i bimbi della platea e dei palchi invidiavano il bel vestito da diavoluccio, rosso, a pagliùcole d’oro, ma che, d’inferno, sentiva solo le pene. O pòveri ossicini ! come dovevate crocchiare ! E il pùbblico, giù ad applaudire. Sai allora chi ringraziava? l’n grassone in livrea «le braccia al sen conserte» pure nel cerchio. Càpperi! Lo avea egli fallo ! e disfatto ! LA CASSIERINA. Dieci anni di meno — Alberto si trovava in campagna. Era solo, su ’n terrazzino della casa paterna che soprastava al villaggio, stanco, come generalmente si è agli sgóccioli di una domenica, il giorno del fare niente, e si sentiva la faccia accarezzata dalla frescura notturna. Poco innanzi, una ventina di razzi — imàgine della più desiderèvole vita, corta e splendente — avea, per annunciare la chiusa di una festa paesana, stracciato l’aere, e apparecchiato tabacco di naso agli uccelli. Il cielo, nero-fulìgine. Tratto tratto, una lusnàta vi abbarbagliava per un batti-palpebra, facendo brillare, vetri, gronde ed ardesie: poi, tutto rintenebriva ; e rispiccàvano le illuminate finestre. Ancor più nero dellaere, il villaggio pareva allora un ammasso di spenti carboni. E dal villaggio salivano ad Alberto i suoni maleaccordati di un tamburo e una tromba. Essi, di tempo in tempo, cedevano a una voce di donna, acuta.... Di botto, Alberto, si parte dal terrazzino, stacca un cappello dal muro, esce di casa ; e, giù per la rampa, arriva al sagrato. In cui, a mezzo di una folla di rùstici e in pie’