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vita di alberto pisani |
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con un signore ed una signora attempati e
dall’aria muffa.... marito e moglie senza figlioli ! I figli, e chi noi sa ? si méttono tra i genitori,
tòlgono a quelli la vista della mina del tempo,
anzi, li ringiovaniscono in loro. E così, su e
giù per i palchi, Alberto continuò fino al vano
della porla di mezzo, dai due poliziotti agli
stìpiti, i propri sostegni del palchettone regio. ,
l)i là del quale, l’amico nostro, ripigliando J
il suo viaggio attraverso le lenti, sorpassò un
palco, in cui, viso a viso di un saporito vecchietto a cera da mela colla, sedea una gióvane
dama, vestila di nero velluto e in «orgeretla
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bianca increspata. Ma tosto vi ritornò. Era, la
gióvane dama, castagnina di chioma, di sàngue gentile, e mòrbida siccome ncve-di-lalle ;
negli occhi, azzurra e della più lìmpida àqua ;
in profilo, la Vittoria di lì re scia. li Alberto
le segnò tutt’intorno, col cannocchiale, (piasi una
lìnea, scendendo dal fronte di lei, per la guancia
rotonda ed il mento, girando verso l’orecchio
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mezzo nascosto solto ai capegli, e seguendo il
gustoso contorno della spalla e del braccio fino
al velluto rosso del parapetto. Poi, tirò innanzi. Ma e che ? ùccol di nuovo a lei fiso. Cerio
ò, che le cose, belle di vera bellezza, sebben
non comprese alla prima, lasciano desiderio di
sè. Ed ella or sorrideva ; di (piai sorriso, Dio !
non già della grinza, nata allo specchio ed
lisa nel mondo elegante, ma di un sorriso di
quelli, che, venendo dal cuore, rimbeltempì-
scono i bimbi, ed acconlènlano i poveretti.
— Eh ! — saltò su a dire una voce dietro di
Alberto, mentre una mano il tentava.
li, sobbalzando, si volse ; come se còllo ad
un furto. In verità, furava a un marito.
E vide Enrico Eiorelli. uno de* suoi condiscépoli molli di un tempo e delle sue poche