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166 vita di alberto pisani

mai; sul rispondere, rado; e, puta il caso., con dei « sì » o dei « no ». L’inaspettato favore die’ quindi un sorriso al pòvero babbio, che: — Altro! — disse, e cominciò a narrarle (avverti ancora, lettore, che, per amor tuo, insalo tanto <> quanto il suo parlare fàtuo) com’egli, due o tre estati prima, avesse conosciuto a Nizza, mentre vi ra- nocchiava, in quel gióvane bruno, un tale Guido Sàlis, conte, ricco allora da parte di madre di un diecimila e passa lire di rèndita. Ma, Guido, avea per babbo uno strappacasa, giocatore finito e di Borsa e di bisca. Il quale, un bel giorno, fatto cinquanta e dieci, trenta, andò con un po’ di stricnina a stoppar la sua buca. Una fortuna, vero? Senonchè Guido volle prefìgerle, un*«esse», e accettò la successione paterna. Ed èccolo intorniato da un nùvolo di scortichini, con fasci di carte sgorbiate, bollate. Egli, giù allegramente a pagare ! paga di quà, j>aga di là, non si trovò alla fine avanzati che i piedi fuor delle scarpe. — E, jeri l’altro — aggiunse il cugino — lo rincontrai qui da noi. Quantunque molto male in arnese, ed io moltissimo bene, attraversi la contrada «apposta». Già; si sa, io sono un signore alla mano, io. E lo invitai a pranzo: parèami dire 'il suo viso « ho fame » giusto, come le sue scarpe — (e qui il cugino basso un’occhiata di compiacenza alle proprie, nuove € a vernice). — Che vuoi? rifiutò. E con un far di superbia! Aqua! — Ma, no; io sostengo il contrario. Guido, superbo? Oh l’aveste veduto, pochi dì appresso al racconto di Pietro, far capolino, con ii cappello fra mani e in aria di soggezione, nella ragionerìa Bareggi! Claudia, che a caso ivi era, il può dire. Sàlis veniva aH’amministratore, e, nel pagargli una parte arretrata di fitto, si congedava dalla cameretta sua e da lui. La bella ragazza lo fiso tristamente. L’amministratore borbottò una frase convenzionale di dispiacere. Il gióvane allora, sempre con lo sguardo vèr terra, salutò e si volse.