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184 vita di alberto pisani

assieme alla quale egli avea bevuto la vita, alzatasi con un far risoluto, teso il bicchiere, gridato «viva il— » cadde improv\isamente, senza compire la frase, all’indietro. Il cuore le si era spezzato. Martino svenne; fu chi credette per la fine di Giulia, e, invece, era per quella di lui! per quella di lui, che riapparivagli a un tratto. Egli avea già spesi trentanni; quanti gliene avanzava? altrettanti, oh il buffo!... e mettiamo pure quaranta, cinquanta.... serriamo tutte le ante.... cos’era? un buffo del pari. — No, non voglio morire — giuiossi. — Nè morirò. — E con la foga della disperazione, a capofitto si rigettò nelle naturali scienze, le quali, agii sforzi di lui, si aprirono come l’onda a chi nuota. Ma l’onda mai non finiva. Dopo ventanni di studio, «feroce», senza una posa (dùnque, ventanni di morte ei si trovò ricco di non cercati segreti, capace di far d« un cadàvere pietra, di sospendere il corso deU’umano orologio e ravviarlo; anzi, dietro a un filo sicuro per costruirne a sua posta; nondimeno, impotente., e, quel eh’ è più, nudo a speranze di eternar quel battito, mosso in noi, primo, da.... Da eh ? Va te l’accatta! — E intanto il corpo di lui avea perduto lacciajo, la barba èrasegli fatta grigia; ei si vedeva in là molto su quello stretto sentiero, affondato tra insormontàbili muri e chiuso alle spalle man mano entro di cui, non vale il coraggio, non la viltà; veglia o non voglia, bisogna camminare in avanti, sempre, finche un abisso c’inghiotte. Sino allora, Martino, avea corso l’àque e le terre, inquieto all’ubbia che la presente sua stanzi diventategli l’ùltima, àvido di contemplare la morte sotto ogni clima. Oh quanta avea accolla eredità di sospiri!... e. in slontanarsi dai funèrei letti, gemeva «uno di manco.... vèr me». Ma, quando sentì che irreparàbili guasti nell’interno congegno gli minaccaà- van lo sfascio, bru< io di fuggire non avvertito dal teatro del mondo, di conigliar>i in qualche o'vcuro cantuccio, per aspettarvi da solo «lei», schivando almeno co^ì le làgrime degli amici, il lezzo dei ceri