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vita di alberto pisani |
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assieme alla quale egli avea bevuto la vita, alzatasi
con un far risoluto, teso il bicchiere, gridato «viva
il— » cadde improv\isamente, senza compire la frase,
all’indietro.
Il cuore le si era spezzato. Martino svenne; fu
chi credette per la fine di Giulia, e, invece, era per
quella di lui! per quella di lui, che riapparivagli a
un tratto. Egli avea già spesi trentanni; quanti gliene avanzava? altrettanti, oh il buffo!... e mettiamo
pure quaranta, cinquanta.... serriamo tutte le ante....
cos’era? un buffo del pari.
— No, non voglio morire — giuiossi. — Nè morirò. —
E con la foga della disperazione, a capofitto si
rigettò nelle naturali scienze, le quali, agii sforzi
di lui, si aprirono come l’onda a chi nuota. Ma l’onda
mai non finiva. Dopo ventanni di studio, «feroce»,
senza una posa (dùnque, ventanni di morte ei si
trovò ricco di non cercati segreti, capace di far d«
un cadàvere pietra, di sospendere il corso deU’umano
orologio e ravviarlo; anzi, dietro a un filo sicuro
per costruirne a sua posta; nondimeno, impotente.,
e, quel eh’ è più, nudo a speranze di eternar quel
battito, mosso in noi, primo, da.... Da eh ? Va te
l’accatta! — E intanto il corpo di lui avea perduto
lacciajo, la barba èrasegli fatta grigia; ei si vedeva
in là molto su quello stretto sentiero, affondato tra
insormontàbili muri e chiuso alle spalle man mano
entro di cui, non vale il coraggio, non la viltà;
veglia o non voglia, bisogna camminare in avanti,
sempre, finche un abisso c’inghiotte.
Sino allora, Martino, avea corso l’àque e le terre,
inquieto all’ubbia che la presente sua stanzi diventategli l’ùltima, àvido di contemplare la morte sotto
ogni clima. Oh quanta avea accolla eredità di sospiri!... e. in slontanarsi dai funèrei letti, gemeva
«uno di manco.... vèr me». Ma, quando sentì che irreparàbili guasti nell’interno congegno gli minaccaà-
van lo sfascio, bru< io di fuggire non avvertito dal
teatro del mondo, di conigliar>i in qualche o'vcuro
cantuccio, per aspettarvi da solo «lei», schivando almeno co^ì le làgrime degli amici, il lezzo dei ceri