Pagina:Opere (Dossi) I.djvu/214

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Il mago 183 Infelice 1 II più orrìbile morbo che imaginare si possa lo tormentava, chè, se negli altri ci è dato e la illusione «e la tregua, o spesso, la forza del male tògliene la coscienza, qui, il martìro, sorto dalla fantasìa, alimentato da questa, e sempre in novìssime foggie, non requiava mai. Fanciullo ancora, ei raggrinzava le mani e nella voce affiochiva alla parola «morte» e si palpava la faccia seguendone Tossa. In tutto, un accenno di lei; montava una scala, ogni gradino suggerìvagli un anno.... oh! come presto al ripiano. A volte, stretto da improvvisi spaventi, correa strillando le stanze.... — Che hai? — gli dimandava la mamma. Egli taceva, aggricchiava. E, a soffocare tali atroci paure, credette, adolescente, una via, il gittarsi nella nemica idea, il non pensale, il non udir che di essa. Ahimè! il rimendo fu peggior dello straccio. Certo, ci ha libri, i quali ne famigliarìzzano con la figura di morte, mostrando la sua poca importanza, pingèndone urne rischiarate dal sole e inghirlandate di rose; ma altri, e molti, (la più parte di frati cui il digiuno del mondo fe’ brusco) aumentano i nostri terrori, col métterne innanzi un inventario di strazi.... grinfe, code e piè- d’-oca sopra e sotto del letto, sudari, e puzzolenti tenèbre. E — poiché noi, verso dove incliniamo si cade — Martino, invece d’aprire gli scuri al sereno, asscrragliossi nel bujo. Sbaglio su sbaglio, dièdesi alla medicina. Questa, nella maniera che la psicologìa a ve vagii tolta ogni fede e ogni opinione sul patrimonio dell'ànima, gli giunse fu destare intorno a quello del corpo un bi- ribàra di dubbi. Solo, capì su quale fràgile trama fosse l’uomo tessuto, quanta folla di casi potèvala rompere. E, nuova scienza, nuovi dolori. Tuttavìa, uno svario gli si frammise a tali ombre. Le ombre e la giovinezza di lui facevano ressa a vicenda; Martino si Ubbriaco, stalloneggiò, e riuscì a sottrarsi per qualche tempo a sè. Ma, una notte, allo zenit di un’orgia che rasentava i contini della ribalderìa, la biondissima Giulia,