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186 vita di alberto pisani

dell’alba, miràndosi con ispavento. E certo; l'asporto di lui, dovea èssere bene stravolto, se le due donne agghiacciarono, e l’uomo se la cavò.... in cerca di un prete. Non l’avesse mai fatto! «Il mago» si vide perduto, vìdesi alle cimosse! — Gira largo, via ! — stridette. Ma il prete fe’ per pigliargli una mano. Martino addietro, con terrore, come tocca una biscia; diede nel letto, cadde entro la stretta.... E in quella, «per paura di morte», morì. E, come il mago non lasciò testamento, venne la sostanza di lui nel capitano Pisani, padre di Alberto ; il quale fu nella misteriosa casina, prima ed ùltima volta, il giorno de’ funerali del zìo. Che, se il prevosto avea detto e ridetto che don Martino era assegnato da un pezzo a cibo di Barlicche-barlocche, non avea ciò tolto di glielo inviare con tutti gli onori possìbili. Senonchò, le parole di un prete fan sempre male a qualcuno, salvo a lui ben inleso; per cui la casa del mago l’ebbe bianca a pigione. E a chi poi ini dimanda, come le poriinaje, due bealocclie e paurose, potessero unii abitarla, rispondo con la ragione delle ragioni, che fuori non no dovèano méttere. Del resto, èrano bene ferrate: avèano intornavìa un arsenale di croci, aquasanlini, agnus-dei, palme.... e brigidini e rosari e candeluccie dipinte. E fu alla casa sudetta che il brougham di Alberto, partito dalla città, fcrinossi. Primo, s’aprì lo sportello a Paolino.... Oè, marchesa Clemenza, non aggricciale le labbra, voi che tenete in sui pie’, dietro la vostra carrozza, i servi, e die non stareste in bilancia, rinvenendo la moda, di sguinzagliàrveli innanzi. Epperchò, dite un po’, con due còmodi posti al didentro, obbligare Paolino a schiacciarsi