Pagina:Opere (Dossi) I.djvu/226

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capitolo decimo 19Ó da ballo? Dunque, nel rimanente deiranno, scarsi i visitatori ; tra essi, qualche fà-niente che vi gironza e legge, sgusciando e mangiando arrostite, le pietre, come se ditte ; o compagnie di brilli, che, férma la pincionella alla soglia, fan la muffala di entraiv ; o scolarncci, i quali, marinala la scuola, girano a rintracciare sulle etichette dei morti gli errori d’ortografia. n O E Alberlo? Alberto ivi cercava caldo e appetito. Pur vi raccolse di più. l u dì, lenendo entro la fitta dei paracarri luttuosi, presso del muro, scoprì, seduto sur i calcagni, un uomo o meglio l'ombra di un uomo, che distaccava le bronzee lèttere ili una iscrizione. Alberto ristette a guardarlo. Ma fu anche veduto. Il ladro, spesso, con sospettosa inquietezza volgeva Io sguardo. E il ladro arrossò: Signore disse — inuojo di fame io.... e i morti non mangiano. — Sia ! — Alberlo sciamò, die1 un’alzatina di spalle, e continuò la sua via. Poi rifletté : — una menzogna di meno. — E un’altra volta, a una fossa novellamente scavala, ei s’inconlrò in un convoglio funèbre. La pretendeva il convoglio alla seconda di classe, ma fuor mostrava i gómiti della terza. Oh meglio ! i preti non avèano troppo storiato il pòvero morto in chiesa. Quanto allo strato, bianco. Alberlo, di bella prima, pensò ad uno di que’ Regi Impiegali, cèlibi, egoisti fin alla sèttima pelle, i quali, messa la pezza della giubilazione, tirano là, in barba al governo, oltre il nùmero sommo del lotto ; poi. a qualcuna di quelle vecchie prudenti, morte zittelle, perchè vissute a mostrini ; e fece per ^lontanarsi. Ma in quella.... soflìo imponente di naso. Non