Pagina:Opere (Dossi) I.djvu/274

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Odio amoroso 243 di quel ciccioso e lustro di Emilio, il quale, tutto soddisfazione imaginàndosTi amato, non scomodàvasi manco ad amare, come colui, clic, servito, si lascia servire — e’ vi avrebbe veduto un gióvane, o, meglio, la marmòrea effigie di una, costretta a sedere da- presso tale che odiava ed a sentirsene tócca; come pure, veduto un amante obbligato a mirare, anzi a far buona cera, allo strazio del cuor dell’ amata e del suo. Poi, sulla fine di un pranzo, lo sposo, con un sorriso a Leopoldo, disse: — Al nostro primo bambino ci metteremo il tuo nome; ti piace? — E il conte, che si stava mescendo, assentì con un ghigno. Ma fu una grazia da quadro se la bottiglia di lui continuò a versare. IX. Il moribondo a decreto dell’uomo, quando dispera di protrarre la vita, chiede gli sia la morte accorciata; e sì facea Leopoldo, accelerando la sua. Nè tardò molto quel dì, in cui la sorella gli apparve abbigliata di bianco e di pallidezza. Foss’ella stata in un còfano, niuno avrebbe temuto di porle sopra il coperchio; nè lei certamente sarèbbesi opposta. E furono alla chiesola. Ines dìssevi un sì «gelato come neve all’ombrìa». Una sua amica, svenne. Uscirono. Bombavano i mortaletti, le campane so- nàvano ed una banda di stuonatori die’ fiato alle trombe. In sul sagrato, giostre, cuccagne, apparecchi pei fuochi, tra i quali la bianca ossatura di un I e (li un E giganteschi; da ogni parte, folla. E il podestà, in tutta divisa, inchinati gli sposi, presentò loro dieci contadinette, vestite di nuovo e dotate per il «fàusto giorno» da Ines, principiando un discorso che avea il sentore della carta bollata. Ma l’interruppero i «viva»; un grosso pallone con sòpravi scritto «felicità» pigliava l’aìre. Si sparse il cammino di fiori, si presentarono mazzi, scambiàronsi in aria i cappelli. Camoletti, intanto, guizzava qua e là nella piena, distri¬