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250 vita di alberto pisani


LE CARAMELLE.

— « Monsù, doi soldi d’ caramcl » — disse un fanciullo , entrando frettolosamente con due bambine che gli trottavan di pari. E, tutti e tre, postarono al banco. Il caffettiere, lasciato il giornale, si alzò. Io adocchiai i piccini. L’«omo», era in blusa celeste e in berrettino da soldatello. A parte quel po’ di aria baciocca che i « maschi » hanno in sugli oltu, trapelava nel musino di lui, la coscienza della sua doppia importante funzione di compratore, custode di una rispettàbile somma. La quale somma egli chiudeva in un pugno. E tenèvala stretta, ve’! Ma e la bimba alla sinistra di lui?"Qual fino e sentimentale visuccio!... visuccio promettente di quelle smortone impastate di chiaro di luna, che, dove lh- scian lì sguardo, guai! La puttina invece alla dritta, era un brioso raggio di sole. Non toccava i cinque anni. Tomboletta, latte- e-vino, con una ve^tuccia cort i inamidata, reggèvasi in su la punta delle scarpette; attaccando le palme all* orlo del banco, poggiava, tramezzo a quelle, il mento. E i sci occhietti — due neri, due grigi, e due castagnini — si attruppàrono intorno alla mano del caffettiere. Questa, mise un pìccolo peso su ’n guscio della bilancia; gli occhietti ve la accompagnarono: la si diresse a dipalcare un baràttolo; gli occhietti le tennero dietro: «tac tac.... » il caffettiere lasciò cadere sul piatto le caramelle.... tre, quattro, cinque.... ad ogni «tac», i fanciulli si sogguardavano e sorridevano. Ma, per due soldi, i sorrisi non potèano essere molti. Mi venne un’idea. Avvertito con una tossetta il « monsù » e méssomi a traverso la bocca l’ìndice, mi diedi, dietro dei bini bi a far segni; cioè, ad accennare il baràttolo, indi, a rovesciare la mano verso la coppa della bilancia. Bah! Il caffettiere era proprio grosso di scorza.