Pagina:Opere (Dossi) I.djvu/282

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Le caramelle 251 Salvo il cenno del zitto, non mi comprese ’na gotta. Anzi ; egli ebbe il coraggio — sottolineo « coraggio » — di ripigliarsi una caramella avvantaggina e riporla. Tre grandi mortificati la seguitàrono e tre sospiri. Così, fu il cartoccino aggruppato, e consegnato all’ometto. Questi «mollò» allora il due-soldi. Stettero tutti e tre, un momento, a vederlo sparire nel fesso del banco; poi, con un balzo di gioja, scapparono via.

— «Chiel», che voleva? — mi domandò il caffettiere. — Volevo, che loro vuotaste il baràttolo — risposi istizzito — pagavo io. — Ei si rimase un po’ gnocco. — «Contagg!» — disse — bisognava parlare. — I'oss’egli stato una donna! E, queste, furono, a lui clic leggeva, noie di un’armonìa allarga-slòmaco-e-cuore ; o il venire, che ci aveva interesse, gliele fece sembrare. Alberlo senlìvasi faine. Ma ricordava la sua risposta a Paolino.... E dùnque ? restò irresoluto ; IV per pigliare il cappello e andar da un trattore, ma, vìntosi poi, sforzò quella sbarra di arile che si opponeva egli stesso, e aprì dolcemente la porta della sala da pranzo. In cui, Paolino non era, ma la tovaglia sì ; e, su di essa, la piatterìa, gli argenti, i cristalli, con l’àqua bianca e la rossa, ed i princìpi e la fine ; mentre, una lucerna sul mezzo, lasciando in ombra la stanza, pioveva sopra la tàvola il più appetitoso raccoglimento. E Alberto, zilto zitto, siedette, ed in mancanza di meglio, ancor dubitando a chiamare, cominciò a far fuori il salame col burro, poi il