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CAPITOLO DECIMOTERZO 261

a compenso, in quella età in cui si poteva essere artisti, e nuU’altro ; quando la fede, effetto dell’ignoranza, teneva luogo di scienza. E la roccia degli anni, che è il culottement delle fàbriche, fomentava or da lei quel rispetto che in gioventù nascea ai passanti spontàneo. Se ne apriva la porta. Alberto entrò e sie- dette in un banco. E di là vide il chiaro di luna, che si frangeva nelle finestre ogivali, fóndersi in quello dell’alba ; e di là udì scoccare cinque ore, poi un pressoso scampanellio. Xell’àere fosco si disegnàvano, intanto, delle persone. Ciascuna forse veniva, imaginando appostare, prima dell’altre, l’attenzione di Dio, il sordomuto eterno. E glisciàvano zitte nei banchi, e s’appoggiàvano ai balaustrati, ed acco- sciàvansi sul pavimento dalle nòbili pietre tombali, cui i devoti ginocchi del pòpolo, che li scolpivano già, aveano quasi smarrito i titoli e i segni di tirannia e insolenza. La prima messa era fuori. Udì vasi il borbottìo balogio del sacerdote, che si tingeva di tanto in tanto di stizza, allorché il chierichetto gli avvicinava un po’ troppo la stoppiniera al leggìo, e gli amen del chierichetto, sbadigli usufruiti. Ed all’intorno, le vòlte, mormoravano an- eh’esse le mattutine lor preci. Alberto sentì presso di lui un singulto, poi uno scoppio di pianto, tosto affogato. Gli s’era a fianco seduta, una donna, che, dal fruscio dell’àbito e per quel mai, che il fioco lume pin- gea, non dava certo a pensare che supplicasse il Signore pel panem quoti dianimi; la era forse la mamma di uno, fuggente dal mondo o dalla virtù; oppure la moglie.... Ma qui una luce improvvisa abbarbagliò tra di loro. Il sacrestano, col lenternino e la borsa, lor ricordava « i pòveri morti ». Anche la donna