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268 vita di alberto pisani

— Troppo, troppo — sciamò impazientito Alberto. — No, sai ; inquantochè, sul finire della mia t«rata, la quale ebbe la gloria di ròmpere quella della marchesa e d'imballàrcela via, la gentile contessa desiderò di conóscerti.... — O amico ! — interruppe Alberto, balzando ; e abbraccioilo. — (ili è un caso si strano ! miracoloso ! — ■ r volle uscir con Enrico, chiacchierò tutta strada, e, allorché si lasciarono, lo riabbracciò e baciò. — Guarda, bimbo — fe* Enrico — che per doménica a sera ti apposto. Siamo intesi, n’è ?... E non mi fare capricci ; se 110 !... se no, ti rapisco. — Oh ! Alberto, per il momento, non avrébbe- ne fatti ; senlìvasi troppo bene ; e, appena a casa, volle riposti i bauli. La fantasia di lui, prepotente, che in un bàttere d occhio 4IÌ costruiva immensi edifici, salvo a hi sci àrseli poi sgretolare da mille dubbi ed arile, glien erigeva ora uno, in foglie di rosa. Dal soddisfacimento che a Claudia fosse piaciuto il suo libro, passò all'inquieta speranza che a lei avesse anche a piacerne l’autore, poi, tolto il forse, sen persuase già amalo, adorato, e, di maglia in uncino, riuscì a trovarsi impacciato della situazione. Altro è scriver romanzi ; altro, farne. Ed ei coni mciò a star male, a cambiare di stanza e di sedia senza riposo, a uscire di casa per rientrare subito. Infine, ecco il dì posto ; di lì a tre ore, la visita. Enrico Fiorelli, alle otto, ha da venire a pigliarlo, ed ella gli parlerà, sorriderà, gii stringerà la mano due volte Oh potesse sa<- tare a pie’ giunti quelle tre ore ! Ma qui si discopre una batterìa nascosti. Gli è il suo vecchio nemico, il dubbio. Quale