Pagina:Opere (Dossi) I.djvu/321

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288 ELVIRA c ti fan sospirare i monti e il lago. E neppure la notte ci era cortese di fresco ; l’aere continuava ad èssere plùmbeo ; il ciclo basso. Parca clic tutta la terra stesse, colle fàuci sbarrate, semiu- ste, attendendo lo scoppio di un temporale, il quale, sempre imminente, non risolvòvasi mai. E mezzanotte. Nella stanza di lei brilla un lume, ma è un lume velalo; e sode un respiri) affannoso, colio. Da cinque ore Elvira non mosse labbro, immota nel suo lcUuccio. Senonchè il mèdico ha detto, che nulla v’era a temere, che si trattava soltanto di una fra le stranissime nevralgìe, la quale volgòa al suo fine pronosticando una indubbia crisi felice, e i parenti di lei, che già due lunghissime notti e due giorni hanno vegliato in angoscia, si son confortati al riposo, fidenti nella dotta parola e nella certezza, che la figliuola è salva. Infatti, il sordo lamento cessò, e il mutar spesso di lato, e'il convulso gemuto: oh Dio!... Ora, a pie’ del verginale lei- tino, è rimasta una giovinetta infermiera, coal- lieva di Elvira, dalla pelle di rosa e dagli occhioni azzurri, gravi di sonno. Tacitamente la porta si apre e un giovane entra sulla punta de’ piedi. Egli è colùi, che. in due dì, fu mille volte invocato da Elvira, quello cui essa, nell'ùltimo loro colloquio, baciandolo passionatamente, dicèa : son tutta tua — presaga del futuro. E Gigi si avvicinò al sommo del letto, guardò la giacente, poi, scorso lungi» la sponda, ne chiese in isbàllito alla gentilissima vigile. E questa, a fiore di labbro, a riprese, come permettèvale il sonno, gli ripetè ciò che il dottore aveva detto di Elvira e ciò eh Elvira di lui, tutte cose incuoranti, e conlògli, che nell ima- ginoso suo morbo, Elvira sembrava che udisse melodìe amorose. — Ora dorme — aggiunse — domani è guarita — e sbadigliò un sospiretto di gàudio.