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PREFAZIONE 297 za, e là proclama che l'ùnico galantuomo sei tu, e che ciò è sufficiente (anzi ne avanza) per fare di tè un letterato, un dotto, magari un ministro di Stato. D'altronde, il lettore moderno è meno poeta che crìtico. Egli frequenta più volentieri le cliniche che non le palestre. Non importa che l’esemplare che tu gli presenti sia d’arte ammalata, basta che egli si accorga che tu sai farne la diàgnosi, che veda il proposito de’ tuoi spropòsiti, che creda che tu possegga, benché non ne usi, la capacità di guarire. Supponi invece che le òpere di que’ portenti di completezza e di sanità cerebrale che furono Shakespeare e Dante uscissero oggi, nude nella loro bellezza, la prima volta al mondo ; c’è da giurare che il pùbblico, dovendo, senza alcun preavviso, affrontarne le meraviglie — meraviglie, spesso create in momenti di sonnambulismo sublime — le guarderebbe con diffidenza, e aspetterebbe ad entusiasmarsi che qualche maestro di scuola glien desse, con un preàmbolo illustrativo, licenza. Insomma, si vogliono, ora, vedere i libri col punto dell’imbastito. È un detestàbile gusto, non nego, ma è il gusto della maggioranza. Siamo in China, abbigliamoci da chinesi.

 Di più ; una prefazione fatta come si deve, ti

risparmia la noja di andar girando per le redazioni delle gazzette a suggerire o scrìverti bibliografìe. Per procurarti una buona rèclame, non hai che a raccògliere nella tua pattumiera.... volevo dir prefazione — la spazzatura.... cioè il maggior possìbile nùmero de’ nomi de’ tuoi viventi colleghi in voga e non in voga, citando pàgine di riviste, artìcoli di giornali, scampoli d'ogni penna. Avverti però bene, in qual senso. Si credeva una volta che il miglior modo per ottenere nomèa, fosse quello di lodare altrùi.