Pagina:Opere (Dossi) I.djvu/351

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318 GOCCIE D^INCHIOSTRO deside rò ardentemente, per internarsi seco nella haja di Bàflin, per lasciare insieme a lui le suole sul Davalagiri. Ma, in attesa del signor capitano, Claudia dovette frattanto accontentarsi di bòver dei pom i nel traversare con inanima e babbo la Mànica, e di scottare di nomi (piali Filalo, l'urea, Faul- liorn, .lungfrau, il suo bastone deH’Alpi. Se il maggiore Tiptof deirindie, da lei conosciuto al Higi, uno sballone per eccellenza, cavatappi ramoso e mandaldiàvol di tigri, avesse mostralo un occhio di più e qualche anno di meno, c’è da giurarlo, conosceremmo ora in Claudia una ludij. Seiionchò, lo sgranocchialore deirappelilosa fanciulla dovèa èssere per fortuna un gióvane, il cavaliere l)i-Yiano. Di-Yiano avèa lui pure corso la sua parie di mondo e per ciò, come c singultiva di Claudia, guadagnava di primo trai lo nelle sue grazie il passo su molli de’ vecchi amici di lei. — Ili conia sì bene — diceva ella. — F ha degli occhi sì risplendenti — pensavamo noi. Tant e — conia conia, o guarda guarda — una sera, I)i-Yiano domandò un colloquio al barone Fiord li ; questi, dopo poche parole, baciàvalo in viso — limicoli ! 1 due figliuoli si amàvano a non vedere pili innanzi : di più, èrano gióvani, nòbili, ricchi, iu dalo eguale.... Se non si sposàvano essi, chi mai polèa .sposarsi '! Pure, la baroncssina pose una condizione ([nella di realizzare, maritala, qualcuno de’ suoi bei sogni di vèrgine, di fare un girello, come viaggio di nozze, almeno in Africa. Almeno! l)i-\ iano si morse inslinlivamenle le labbra. Le osservò poi, mettendo fuori tutta la persuasiva, che il sole di Libia cuoceva su per