Pagina:Opere (Dossi) I.djvu/386

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u De consolatione philosophice „ 353 “De consolatione philosophiae — Dio solo il potrebbe — rispose solennemente il dottore. Il volto di Arrigo assunse la pallidezza del volto della sua giovine sposa, che — gravato il ciglio dalla mano di morte — giacèvagli innanzi in quel letto, di tanta gioja ricordo e di tanta vita. Arrigo stette per dare in un urlo ; si frenò a stento, e non potendo altrimenti, corse a celare l’ambascia nella stanza vicina. E là cadde in una poltrona, le palme alla faccia. Pòvera Lisa ! pòvera Lisa ! Non un anno, da che èragli apparsa nella solitaria e brulla sua via, qual rugiada, qual fiore — e vedèvasela ancora, petulante di gioventù e freschezza, entrargli neirammuffito studio, a méttergli in fuga i topi e le tarme, ad aprirgli le imposte al sole che crea, all innamorata natura. Oh i libri si vendicavano ben crudelmente della loro rivale! E Arrigo singhiozzò disperato. Ma e non un conforto a tanta e sì orrenda e improvvisa jaltura ? dovrà mai l’uomo esser lasciato solo, senza difesa, alle belve affamate de’ propri dolori ? Che gli giova di avere, anni e anni, impallidito sui libri, mietendo altrùi esperienza, quand’ora, in bisogno, non se ne sapeva comporre un panetto? A che studii se non apprendi a vìver da amico colla sventura, tua obbligatoria compagna ? a che pensi ? 0 vieni, filosofìa ! tu che guardando le cose e gli avvenimenti fuori di noi, li vedi nella loro essenza e non nella loro relatività — tu che trovi a tutto una scusa e nulla ti fà stupore ; filosofìa, che hai fatto ricca la povertà di Epicuro e felice la ricchezza di Sèneca ; che Dossi. £3