Pagina:Opere (Dossi) I.djvu/54

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Lisa 23

mini, in cui scorrèvano lìmpidi ramicelli d’aqua, inlertenèvansi crocchi di pini, ma dove, come nel vuoto, non propagàvasi rumore. Ed ecco staccarsi dall’estremo orizzonte, ecco ingrandirsi una massa informe (qui la memoria mi zoppica) una specie di ragno iperbòlico, giallo-limone, macchiato di nero, enfio, glutinoso, a grumi di sangue, bava, dai mille bracci, che — nel procèdere a saltacchioni o dondolandosi sulle anche — altalenava.

Allora i bei fiorelli essiccàronsi, impallidì il raggio del sole, appannàronsi i canalucci.

E quel mollame si avanza sempre, senza pietà , lasciando una lunga striscia come di arso, uno schicchoramento di lumaca, si avanzava e.... Colto dallo spavento io mi snicchiài dalle coltri, tombolai con lenzuola e imbottita, in un fascio, suirinlavolalo. Poi, riparai da mamma.

La buona donna, toccatomi la fronte che mi scottava, interrogatomi gli occhi c la lingua, tali scongiurò di non mangiar troppi lamponi.

Oli ! pel sogno ciò poteva essere, ma, storielle da nonna! per la realtà, non vi èrano nè lamponi nè susine. Per la realtà, la convinzione che qualcuno, che qualchecosa invidiasse alla felicità nostra, se non procedeva da un ragionamento lardellalo di sillogismi, veniva da un profondo misterioso senso c, tuttoché non ce la confidassimo, noi la provavamo ambedùc e sapevamo di provarla.

E sotto l’ombra di tale nero presagio, buon dato di quella briccona filatera di santi che immalinconisce il taccuino — colle sue piaghe, le glorie, i brevetti — passò.

(ìiunsc rottantasettèsimo. — Noi correvamo nel giardino; Lisa, dietro di ni è per pigliarmi; io, sostando ogni tanto, a volgermi verso lei, a rìdere, a farle bocchi....