Pagina:Opere (Dossi) II.djvu/12

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interludio vii

del Dossi siensi insieme occupati i giornali da un capo all’altro d’Italia: a Torino ed a Napoli, a Milano e a Firenze, a Bologna ed a Roma, si è scritto di lui contemporaneamente e largamente, come se egli fosse divenuto ad un tratto — ed era appunto perciò — un argomento d’attualità, non meno del velivolo e del tenore alla moda per le sue avventure amorose quanto per le sue carissime note. E col giornalismo delle grandi città, quello delle piccole: la provincia non si è interessata al Dossi meno delle capitali. E coi giornaloni, i giornaletti: segno che, veramente e finalmente, il Dossi era ormai un caso da cronaca, un fatto di cronaca, era entrato, cioè, in quei viottoli che, per quanto modesti e spesso tutt’altro che puliti, conducono alla gran porta su cui s’apre la magnifica via della storia.

E per virtù di quali pubblicisti? Di vecchi pubblicisti, dall’uso e dall’abuso della penna e della critica resi indifferenti per solito ai più interessanti fenomeni letterari; di giovani ormai giunti a maturità e compresi della propria importanza; di giovanetti ai quali si aprono gli orizzonti del pensiero, e che appena avvertono le prime sensazioni della vita intellettuale: pubblicisti dal nome e dal credito così indiscussi, che ormai ritengono inutile affaticarsi altro a formarseli; pubblicisti che ormai stanno in guardia contro sè stessi, per tema di compromettere il tanto di autorità già conquistato, e pubblicisti che scrivono soltanto pel bisogno istintivo di scrivere, salvo poi a pentirsi col tempo di quanto hanno stampato. Da tutte le varie schiere del cui consenso o anche soltanto del cui dibattito si compone il coro tubante della fama sonora, è partita dunque — e questa volta, ripeto, tutta insieme —